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- 9/7/2024
L'evoluzione dell'inclusione scolastica in Italia
Il concetto di inclusione scolastica entra nel dibattito pedagogico italiano negli anni ’90. Successivamente, si concretizza il passaggio da un approccio basato sull’integrazione degli alunni con disabilità a un modello di didattica inclusiva orientato al pieno sviluppo formativo di tutto il gruppo classe. Il Decreto Inclusione rappresenta solamente l’ultima tappa di questa rivoluzione educativa che mette al centro il valore della diversità come occasione di crescita per tutti gli alunni.
Dall’integrazione all’inclusione nella scuola italiana
Il concetto di inclusione nella scuola italiana è relativamente recente e rappresenta l’ultima tappa dell’evoluzione nel dibattito sulla pedagogia inclusiva. Per comprendere l’attuale fase nella scuola italiana, occorre partire da un importante chiarimento, integrazione non è sinonimo di inclusione.
L’integrazione scolastica può essere letta come l’obiettivo di una strategia didattica per la partecipazione e il coinvolgimento delle persone con disabilità. Con il termine “inclusione”, ci si riferisce invece a una strategia finalizzata alla partecipazione e al coinvolgimento di tutti gli studenti, con l’obiettivo di valorizzare al meglio il potenziale di apprendimento dell’intero gruppo classe. Con il passaggio dall’integrazione all’inclusione si sposta quindi più in là il raggio d’azione della didattica, inserendosi perciò in un contesto educativo di sempre maggiore complessità.
In Italia, a livello scolastico e pedagogico, il concetto di inclusione viene adottato dall’inglese solamente negli anni ’90. Il passaggio non rappresenta solamente un cambiamento terminologico, bensì un’innovazione concettuale e di impostazione istituzionale. L’obiettivo è quello di mettere al centro della scuola il valore della diversità, come occasione di crescita data dall’interazione con una persona con disabilità o con altri tipi di disturbi, che possono essere anche passeggeri.
Si supera così l’idea di una “normalità” della didattica basata sull’omogeneità di chi apprende, passando invece alla visione di classe come realtà caratterizzata da una ampia pluralità di bisogni e necessità individuali. I problemi relativi alla didattica verso persone con disabilità, infatti, non sono altro che una specifica manifestazione di problemi che pongono, in maniera diversa e a volte mascherata, anche gli altri alunni. A livello didattico, la conseguenza più importante di questa evoluzione nel dibattito pedagogico è il superamento dell’illusione che sia possibile una strategia didattica standardizzata. La didattica inclusiva deve essere intesa perciò come una trasformazione dell’ambiente educativo che coinvolge e favorisce l’intera comunità scolastica, non solamente l’alunno con disabilità.
Le tappe fondamentali dell’inclusione nella normativa scolastica italiana
L’attuale assetto di strumenti e pratiche che garantiscono l’inclusione di tutti gli alunni nelle scuole italiane è il frutto di una stratificazione normativa lunga decenni. Un percorso complesso, fatto di piccoli passi e di grandi balzi in avanti.
Le linee guida del 2009
È impossibile parlare di inclusione scolastica senza citare uno dei documenti pedagogici e normativi più importanti a livello didattico, ovvero le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità del 2009. È con questo documento, infatti, che si gettano le basi per l’utilizzo dell’ICF (International Classification of Functioning) come modello di riferimento per la classificazione della disabilità. Con l’adozione dell’ICF, elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2010, si tengono in considerazione tutti i fattori contestuali del processo educativo, sposando quindi un approccio di tipo “ecologico” (ovvero che dà la giusta importanza all’ambiente educativo) come punto di partenza per l’inclusione scolastica. Nelle Linee Guide del 2009 si stabiliscono così due concetti fondamentali:
- l’accettazione delle diversità presentate dagli alunni disabili come fonte di arricchimento;
- l’importanza di prestare attenzione ai bisogni di ciascuno, non solamente quindi alle esigenze degli alunni affetti da particolari disturbi.
La legge 170/2010
Il successivo passaggio normativo è rappresentato dalle “Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) in ambito scolastico” contenute nella Legge 170/2010. È con questa legge che si concretizza l’approccio innovativo dell’inclusione scolastica e si definiscono tutti gli strumenti e le metodologie per consentire il pieno sviluppo del processo formativo a partire dalla singolarità e complessità di ogni persona. Al centro di questa strategia, vengono così inserite la personalizzazione e l’individualizzazione dell’offerta didattica.
La Direttiva sui BES del 2012
Nel 2012, la necessità di dare sempre più centralità agli studenti ha portato il Miur a redigere una specifica Direttiva Ministeriale intitolata “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica”, in cui si riconosce la possibilità che un alunno presenti esigenze didattiche particolari anche in assenza di DSA. Di conseguenza, si organizzano criteri didattici inclusivi per tutti quegli studenti che presentano difficoltà dovute a cause socio-ambientali, culturali o familiari. Questo passaggio ha rappresentato sicuramente una rivoluzione culturale per l’istituzione scolastica, soprattutto per il potenziamento della cultura dell’inclusione che ne consegue.
Il Decreto Inclusione 2017 – 2019
Il Decreto inclusione rappresenta l’ultima tappa, in ordine di tempo, del percorso verso la realizzazione dell’inclusione scolastica. La sua prima stesura è del 2017, modificata poi nel 2019. Con questo decreto, il governo ha introdotto importanti modifiche, consolidando e approfondendo la scelta per la personalizzazione della didattica. Tra le altre cose, viene dato maggior peso al ruolo delle famiglie, si creano i Gruppi di Inclusione Territoriale e i Gruppi di lavoro operativi per l’inclusione. Il nucleo della riforma è sicuramente concentrato nei Piani Educativi Individualizzati (PEI), che vengono così ad essere gli strumenti fondamentali con cui il consiglio di classe è tenuto a disegnare un piano didattico specifico per ogni alunno disabile.