Lunedì 31 Marzo 2025

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  • 29/3/2025

La metafora di Chomsky: dal disagio lavorativo all'importanza della formazione aziendale

 “In un pentolone pieno d’acqua fredda nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola e l’acqua si riscalda pian piano per diventare tiepida. La rana trova piuttosto gradevole questa situazione e continua a nuotare adattandosi. Con l’aumento della temperatura l’acqua incomincia a diventare calda, iniziando a creare una sensazione di sgradevolezza che sale sempre di più in proporzione all’ incremento della temperatura.  Si arriva al punto che adesso l’acqua è davvero troppo calda, ma la rana si è indebolita e non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla, ma nel frattempo la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce semplicemente morta bollita. La stessa rana se fosse stata immersa direttamente nell’acqua calda a 50° gradi sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.” A cura di Giancarlo Sabbione, Orientatore Asnor, Career Coach e Customer Care Specialist.

La metafora di Chomsky applicata al mondo del lavoro

Con questa allegoria - che sottintende un reale esperimento scientifico avvenuto verso la fine dell’800'-, il filosofo statunitense Noam Chomsky rappresenta in modo critico la tendenza degli individui ad accettare passivamente lo status quo, qualunque esso sia, anche se nocivo.

Si tratta di una critica molto forte nei confronti della società, che sceglie di non agire anche di fronte alle ingiustizie, alle vessazioni, al degrado e alle diseguaglianze.

Ma in quali occasioni della vita quotidiana ci si comporta come la rana? Per esempio, quando ci trasciniamo in una relazione che non funziona, quando restiamo legati a un lavoro insoddisfacente e, più in generale, viviamo un’esistenza che non sentiamo nostra ed è fonte di frustrazione e infelicità. 

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Riconoscere i campanelli d'allarme sul posto di lavoro

All’inizio, le prime avvisaglie vengono ignorate o giustificate, e non si fa caso:

  • alla distanza emotiva degli altri colleghi, per cui le nostre esigenze e preoccupazioni non sono comprese, anzi glissate;
  • alla violenza verbale e psicologica o alle micro-aggressioni manifestate quotidianamente sempre dai colleghi;
  • all’atteggiamento aggressivo passivo e svalutante del capo.

Tutti questi accadimenti li classifichiamo, giustificandoli, come momenti di distrazione o di stress, oppure, se parliamo del capo, quell’atteggiamento viene vissuto e interpretato come la conseguenza di una propria mancanza o di un nostro comportamento errato, forse competitivo.

Queste manifestazioni relative alle relazioni in azienda si sottovalutano, non si applica appieno il talento del Wonder o della Riflessione per analizzare e mettere in discussione lo Status Quo, e le negatività che si provano vengono imputate, come detto, ad altre cause e si pensa che è solo un momento, per cui tutto si risolverà, tutto tornerà a posto, e, quindi, passerà.

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Le dinamiche del disagio lavorativo

Le dinamiche relazionali registrate e messe in atto, in maniera cosciente e di continuo, generano un loop di assuefazione e adattamento, che portano ad accettare o a ritenere inevitabili situazioni sempre più insostenibili e a camminare su un filo sempre più sottile.

Di questo passo arriveremo alle estreme conseguenze, cioè al momento in cui la rana muore bollita. Ma c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare e che andremo ad approfondire: le nostre mansioni nell’attuale contesto e la loro evoluzione.

La condizione della rana immersa nella pentola d’acqua fredda, che va incontro a temperature sempre più alte, fino a rimanere bollita senza cercare di fuggire, è quello che spesso accade ai lavoratori dietro l’illusione, cioè un’idea tramandata da lavoratori (baby boomers) vissuti in epoche dove le mansioni erano più stabili, per cui il bagaglio di conoscenze acquisito poteva durare, con poche variazioni, per l’intera vita lavorativa.

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Il paradosso dell’immobilismo

Ma perché non cerchiamo di spegnere il fuoco sotto la pentola oppure di fuggire? 

Diciamo che la paura dell’ignoto e del futuro (vedere l’antico proverbio: chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che lascia, ma non quello che trova) ci blocca e ci mette nella condizione di non agire nel timore di innescare un meccanismo che potrebbe condurci a una nuova realtà, peggiore di quella che stiamo vivendo.

Di fatto, siamo convinti che mantenendo un profilo basso potremmo cavarcela, anche perché nessuno si lamenta, creando così un silenzio collettivo.

L’unico modo per fermare il processo di bollitura consiste nel prendere coscienza di sé, nel pensare a cosa vorresti essere e come arrivarci

Questo è il primo passo da realizzare, finalizzato a intraprendere un percorso di crescita personale, che porta non solo a percorrere la strada del cambiamento, ma anche a trovare il proprio scopo nella vita e perseguirlo.

L'evoluzione del mondo del lavoro: una pentola che si scalda più velocemente

In un mondo del lavoro in continua evoluzione, con la tecnologia che cambia in maniera esponenziale, è essenziale tenere a mente la metafora di Chomsky, in quanto:

  • le mansioni e le competenze non sono poi così stabili nel tempo ma hanno una data di scadenza;
  • il lavoratore può essere sostituito da processi automatizzati che ne modificano l’operatività, ridefinendo in continuazione il suo contributo;
  • non soltanto la tecnologia può cancellare mestieri e mansioni, ma anche la legislazione deve essere attenzionata;
  • la trasformazione digitale e la velocità del cambiamento creano una pressione costante sull’adattamento.

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Come re-immaginare la formazione aziendale

Per le aziende sarà fondamentale saper anticipare i processi formativi, prima che divenga indispensabile l’impiego delle nuove competenze richieste, allestendo un forte e veloce rinnovamento delle politiche formative.

Le posizioni lavorative aziendali, infatti, saranno caratterizzate da una minore stabilità temporale rispetto al passato, per cui occorrerà adeguare contenuti, metodi e tecniche formative alla tipologia di competenze richieste in quel momento e per il futuro.

La formazione tradizionale, cioè quella condotta in aula e relativa per esempio all’utilizzo di un software specifico per svolgere i compiti assegnati, ovvero quella inerente alla posizione lavorativa, ha una sua ragion d’essere dove vediamo che i ruoli e le funzioni rimangono invariati per lunghi periodi.

Oggi, è necessario un cambio di paradigma, in quanto con la trasformazione digitale è necessario investire nello sviluppo cognitivo e emotivo, potenziando le capacità di problem solving e di adattamento. Occorre investire nelle cosiddette Core Skills.

Gli esempi concreti potrebbero essere rappresentati da:

  • workshop e corsi di formazione che si concentrano sullo sviluppo delle competenze trasversali (soft skills) come la comunicazione efficace, la leadership, la gestione dei conflitti e il lavoro di squadra;
  • programmi di coaching e mentoring dove i colleghi più esperti supportano i più giovani nello sviluppo delle loro competenze e nella crescita professionale;
  • piattaforme di e-learning con una vasta gamma di corsi online che i dipendenti possono seguire autonomamente.

In sintesi, la formazione aziendale moderna si deve concentrare sullo sviluppo delle persone a livello individuale, potenziando le loro capacità di adattamento, problem solving e crescita continua, per affrontare le sfide del mondo del lavoro.

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Lifelong learning: una necessità contemporanea

Non c’è dubbio che il concetto di lifelong learning o, se si preferisce, di Apprendimento Permanente deve trovare il giusto sviluppo. Per Apprendimento Permanente, con definizione condivisa dal legislatore italiano nella L. 28/06/2012 nr. 92, intendiamo tutte le attività intraprese dalle persone in modo formale, non formale e informale, in qualsiasi momento della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze delle persone in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Non si tratta di apprendere un mestiere e di diventare sempre più bravi, ma di possedere caratteristiche che consentano di sviluppare competenze diverse in tempi diversi, cioè di poter apprendere nel continuum della vita, oltre le fasi dell’età evolutiva. Dovremmo essere dei soggetti in grado di specializzarci, ma anche di riconvertirci in qualcosa di diverso in relazione alle richieste del mercato del lavoro.

È necessario cambiare il proprio approccio all’ apprendimento, per cui:

  • imparare ad imparare, cioè sviluppare la capacità di apprendere in modo autonomo e continuo, proprio per adattarsi a nuove situazioni;
  • vedere le sfide come opportunità di apprendimento, dal momento che ogni difficoltà ci permette di apprendere, crescere e migliorare;
  • coltivare la curiosità verso ambiti adiacenti al proprio, ma anche diversi, proprio per ampliare le nostre competenze e prospettive;
  • sviluppare e praticare l’apprendimento riflessivo, si pensi al Bilancio delle Competenze, per cui le persone riflettono sulle proprie esperienze lavorative, le abilità e le conoscenze acquisite, trasformando sé stessi e la realtà circostante.

In conclusione, dobbiamo riflettere sul principio della rana bollita per sfuggire alla tentazione di adattarci gradualmente e passivamente all’acqua calda, come l’animale appunto, senza comprendere il pericolo che si prospetta. I cambiamenti determinati dall’evoluzione tecnologica impongono continui processi di aggiornamento, pena l’esclusione dal mercato del lavoro, ma lo stesso vale anche per le imprese. L’investimento sul capitale umano appare infatti l’unica vera strategia di successo in grado di generare valore e crescita, mentre continuare ad adattarsi passivamente al presente può rivelarsi estremamente pericoloso.

Conclusioni per guidare il cambiamento

A questo punto della nostra narrazione, risulta ormai chiaro che è fondamentale attivarsi in tempo per cambiare il triste finale della “bollitura”. Quindi, non c’è dubbio che la figura dell’Orientatore, con il suo bagaglio di conoscenze, competenze ed esperienze, possa con certezza aiutare il lavoratore a comprendere lo “status quo”. L’ aiuto, che può estendersi anche alle aziende, si sostanzia nell’ approcciare un piano di azione, senza salti nel buio, che riorganizzi quella deleteria routine, attraverso un percorso strutturato idoneo a:

  • valutare la situazione oggettiva;
  • mappare competenze, reti e opportunità;
  • creare un piano concreto, condiviso e misurabile per uscire dalla pentola.

Mi sento di partecipare uno slogan suggerito dalla potente allegoria: bisogna saltare, non per fuggire, ma per affrontare la situazione e trovare la giusta soluzione, prima che sia troppo tardi!

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Giancarlo Sabbione

Giancarlo Sabbione

Orientatore Asnor, Career Coach e Customer Care Specialist.

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