Venerdì 22 Novembre 2024

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  • 9/3/2023

L'orientamento di persone tossicodipendenti: strumenti e consigli di intervento

Mi sono occupato per circa 20 anni di aiuto e sostegno rivolto a persone tossicodipendenti e ho potuto constatare che esse presentano delle particolari caratteristiche che tendono a mantenere anche in condizioni di drug-free (disintossicazione) e che possono favorire o meno un corretto, efficace e duraturo inserimento nel mondo del lavoro. A cura di Pasquale Loria, Orientatore Asnor.

La difficoltà di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni in maniera funzionale, quindi tutto quello che ha a che fare con l’Intelligenza Emotiva, con la Resilienza e l’Autoefficacia, l’ho spesso riscontrata in persone che hanno avuto storie di dipendenza da sostanze stupefacenti.

È chiaro che alcuni di questi aspetti non possono essere considerati “esclusivi” di tale tipologia di utenza, ma in questi soggetti hanno una particolare valenza; alcune volte possono essere considerati i fattori che addirittura hanno spianato la strada al Disturbo da Uso di Sostanze (DSU) o allo stesso tempo, possiamo dire che il DSU li abbia rafforzati.

Indagare queste caratteristiche può avere una duplice funzione: raccogliere elementi personali che possono maggiormente orientare alla ricerca di un lavoro e, allo stesso tempo, favorire l’emergere di punti critici che attraverso percorsi specifici potrebbero essere rafforzati.

Chi trascorre tanti anni nella tossicodipendenza, trascorre tanti anni in una vita senza viverla; le esperienze si perdono, il tempo si fissa, tutto si ripete in maniera circolare senza nessuno sviluppo e nessuna evoluzione. La vita è svuotata del suo significato e così per i rapporti interpersonali, l’amore per sé stessi e per i propri cari.

Spesso, le anamnesi di soggetti tossicodipendenti raccontano storie di:

  • deprivazione affettiva;
  • assenza di cure parentali;
  • bassa scolarizzazione;
  • violenza e abusi.

Tutto questo plasma e segna la persona, e in alcuni casi in maniera irreversibile. La tossicodipendenza fa il resto, con condotte devianti, anti-socialità, reati più o meno gravi, trasgressioni e, in maniera frequente, il sopraggiungere di importanti deficit fisici e cognitivi.

La fase del reinserimento lavorativo, che idealmente sancisce la fine del percorso di riabilitazione dalla dipendenza, nei fatti si traduce in un fallimento che vanifica tutto il lavoro fatto in precedenza. Questo fenomeno si presenta in maniera significativa, nonostante le politiche di supporto messe in campo sia dal pubblico che dal privato sociale, attraverso la realizzazione di progetti ad hoc e la nascita di cooperative sociali.

È importante ricordare che l’Osservatorio Europeo sulle Droghe (European Monitoring Centre For Drugs an Drugs Addiction – EMCDDA) riconosce che “il trattamento sanitario delle dipendenze da solo non è sufficiente a garantire l’inclusione sociale”, e indica tra i punti fondamentali per una funzionale realizzazione “considerare la reintegrazione sociale e lavorativa come obiettivo finale del programma di trattamento”.

Percorsi di Orientamento Professionali, attivati sia all’interno delle stesse Comunità Terapeutiche che da enti esterni ad esse, hanno significativamente migliorato la situazione ma, a mio avviso, c’è ancora tanta strada da fare.

Approfondimento sulla funzione riabilitativa dell'orientamento

Come progettare percorsi di orientamento professionale per ex tossicodipendenti

Per quanto detto, diventa evidente che la progettazione di Percorsi di Orientamento Professionale per questi utenti necessiti di un accurato lavoro di analisi e la messa in atto di strumenti e metodologie adeguate a supportare le specifiche necessità e gli specifici bisogni di cui questi utenti sono portatori.

I percorsi di Orientamento Professionale dovrebbero essere intesi ad ampio raggio, quindi comprendere quelle attività “intorno all’orientamento” come l’empowerment, il counseling e il coaching.

Altro aspetto che va vagliato, quando si progetta un Percorso di Orientamento Professionale con questa specifica tipologia di utenza, è quello motivazionale e tutto quello che ha a che fare con il “senso della vita” e quindi anche del lavoro.

Questo aspetto non può essere sottovalutato, anche se si tratta di un percorso di orientamento e non terapeutico, perché, ancora di più, con utenti con tali caratteristiche, l’inserimento lavorativo deve essere in linea con il lavoro di ricostruzione dell’identità del soggetto.

È chiaro che l’orientamento ben si differenzia dagli interventi terapeutici ed educativi, ma è vero anche che l’inserimento nel mondo del lavoro, trovare un lavoro che sia gratificante, trovare il proprio posto nel mondo, costruire la propria identità anche attraverso il lavoro, è di per sé “curativo”, in modo particolare per chi ha vissuto ai margini, per chi ha fatto sempre fatica a trovare tale identità o l’ha smarrita nella tossicodipendenza.

Va considerato inoltre, e questo spesso spiazza anche gli Orientatori più esperti, il fatto che molti utenti tossicodipendenti sono invecchiati nella loro tossicodipendenza, non hanno sviluppato neppure quelle abilità di base che oggi si danno per scontate, non hanno competenze o quelle che hanno sono ormai obsolete. La tossicodipendenza letta attraverso questa lente è solo il sintomo di un disagio e di un degrado sociale e familiare che nasce da lontano.

Con tutto questo l’Orientatore si trova a confrontarsi e deve essere attrezzato a farvi fronte. Quando ho deciso di affrontare questo argomento ho scoperto - con non poca sorpresa - che il tema dei percorsi di orientamento professionale per utenti ex tossicodipendenti è stato raramente trattato in maniera così esplicita, almeno non in Italia e non in maniera così specifica.

Webinar - Orientamento professionale per ex tossicodipendenti

Gli strumenti da utilizzare

Ci sono alcuni strumenti che ritengo particolarmente utili da utilizzare con questa tipologia di utenza durante i percorsi di Orientamento.

Il questionario Locus of Control, ad esempio, è un questionario di autovalutazione breve che permette di analizzare e restituire all’utente la propria modalità di analisi della realtà e la capacità di attribuire le responsabilità delle proprie decisioni a se stessi o ad eventi esterni.

Questionari che permettono di indagare il livello di “resilienza” e di “autoefficacia” sono utili a lavorare su aree molto compromesse in questa tipologia di utenza: la percezione di sé, la capacità di evolvere e superare gli eventi negativi, l’autostima. Tali strumenti restituiscono al cliente informazioni importanti sulle sue capacità di reagire in maniera funzionale agli stress ambientali e sulla percezione che il soggetto ha della sua efficacia personale.

Questi e altri strumenti, accompagnati alla metodologia del coaching, possono fare la differenza perché, molto spesso, le persone che provengono da un percorso di emancipazione dalle dipendenze presentano una buona partecipazione e un atteggiamento di apertura verso l’esportazione di se stessi.

Conclusioni

Percorsi di orientamento così strutturati e gestiti da Orientatori esperti potrebbero dare un forte contributo sociale all’inserimento lavorativo di soggetti particolarmente a rischio di esclusione sociale, come appunto soggetti ex tossicodipendenti o ex detenuti.

Si potrebbe addirittura pensare ad un servizio di Orientamento all’interno delle carceri, rivolto soprattutto a detenuti che stanno per finire la propria condanna e che si apprestano a rientrare nella società. Un servizio del genere potrebbe garantire una maggiore occupabilità per queste persone, scongiurando in maniera significativa il rischio che tali soggetti possano tornare a delinquere subito dopo la loro scarcerazione.

Credo che risorse economiche e progetti debbano in parte essere indirizzati verso tali progetti di reinserimento lavorativo, dove l’orientamento professionale può avere in ruolo chiave. Non riesco a vedere un luogo migliore per discutere di questo se non il magazine “L’Orientamento” e il grande mondo di ASNOR.

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Pasquale Loria

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