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- 17/2/2023
Quali sono le competenze comuni di un Orientatore e di un Recruiter
Questo articolo nasce con l’intento di porre attenzione e riflessione su come un Orientatore professionale, con le sue competenze, possa abilmente “prestarsi” al mondo della selezione del personale e viceversa. A cura di Elisa Severa, Orientatrice Asnor.
Se è vero che nell’orientamento prevalgono skills come l’ascolto attivo, l’assenza di giudizio e l’empatia, anche nella selezione del personale, per soddisfare il bisogno dell’azienda cliente e rispettare le aspettative del candidato creando il match perfetto, esse non possono che essere presenti.
In cosa consiste il lavoro di un Recruiter: il supporto del candidato
Il Recruiter, esperto di selezione del personale, orienta l’azienda cliente, che gli commissiona la ricerca di una nuova risorsa da inserire in organico, verso il candidato più corrispondente alla propria cultura aziendale. E nel momento del colloquio con il candidato cosa succede?
Il candidato non è solo il suo cv, e il Recruiter lo può capire e valorizzare solo se il candidato sa comunicarlo durante il colloquio. Agevolare il candidato nella sua esposizione, consente di metterlo a proprio agio, di sostenerlo con fiducia sul fatto che nulla del suo percorso professionale viene messo in secondo piano, portandolo a riflettere su cosa sia davvero importante far emergere in sede di colloquio.
Orientatore e Recruiter, due ruoli con molte affinità
Quando svolgo il mio ruolo di Recruiter, porto con me molte delle tecniche di orientamento. Anche quando un candidato non viene scelto, cerco di creare un momento di crescita, di conoscenza e consapevolezza di quest’ultimo, che può portarsi sempre con sé come esperienza da aggiungere alla propria professionalità.
Il punto non è mai il cv, esteticamente bello, specifico ed efficace, ma in cosa si riconosce il candidato, quali sono i suoi valori e obiettivi. Sta svolgendo quel colloquio perché è davvero interessato? E quindi quali strumenti può utilizzare per comunicarmi tale interesse, oltre il cv che ha inviato?
Agevolare il candidato non significa offrigli la risposta giusta da dare all’interno del nostro colloquio o di quello che svolgerà con l’azienda, se supera lo step con noi Recruiters. Invitarlo ad auto-valutarsi, ad ascoltarsi, studiando la job description e il sito dell’azienda a cui si candida, gli consente di affermare lui stesso di essere nel posto giusto.
Indicare che il colloquio non è stato superato non è una sentenza definitiva sulla sua intera carriera e professionalità, ma aiuta il candidato anche dopo il colloquio, a non giudicarsi e a non sentirsi inadeguato.
Le competenze comuni
Saper parlare di se stessi, soprattutto per le figure più junior, è un grande banco di prova. Sempre più spesso, mi rendo conto dell’importanza del fare orientamento prima del colloquio, e prima della ricerca stessa del lavoro che si vuole svolgere.
Per questo è utile, sia come Orientatore che come Recruiter, la capacità di agevolare lo storytelling professionale di un candidato, specie se introverso, che ha fatto pochi colloqui ed è particolarmente emotivo. Diciamo una verità che non tutti sottolineano: mentre l’Orientatore, soprattutto se riceve con consulenze individuali, ha più tempo da dedicare alla maturazione consapevole del candidato, il Recruiter spesso ha tempi ristretti, soprattutto se segue più posizioni.
Orientarsi verso un’ottimizzazione dei tempi, è importante anche per il Recruiter, per non essere travolto dal suo stesso lavoro.
Ed ancora, occorre preparare i candidati ai colloqui con l’azienda. Ecco qui che il Recruiter diviene Orientatore, facilitatore del pensiero e agito del candidato, per mettere in rilievo il suo reale valore. Chi meglio del Recruiter conosce l’azienda cliente che necessita di una nuova risorsa? L’obiettivo è far focalizzare il candidato su quelle competenze che lo stesso si riconosce, e che possono trovare espressione e contestualizzazione.
Se è poi vero che orientare equivale a sostenere e non sostituirsi all’altro nelle proprie scelte, lo stesso Recruiter, con la sua consulenza verso l’azienda cliente, può organizzare e trasferire informazioni importanti per agevolare la capacità di decisione autonoma dell’azienda sul candidato da inserire nella propria realtà professionale.
Conclusioni
Ciò che non è auspicabile, in sede di percorso di orientamento, è demonizzare la figura del Recruiter, quindi spingere i candidati alla creazione del cv perfetto per superare i cosiddetti ATS.
Sostenere il candidato in una visione personale, verificabile e modificabile di successo professionale, agevolerà il candidato nell’incontro - e non nello scontro con il Recruiter. Quest’ultimo, dal canto suo, può far suoi i principi di assenza di giudizio, agevolazione, ascolto attivo, comunicazione assertiva, tipici dell’Orientatore, per dar luogo a una candidate experience in cui il candidato si senta realmente compreso.
Un consiglio che voglio dare ai Recruiters è quello di cercare di ricavare dei minuti in più del loro tempo per orientare e ascoltare i candidati. È un investimento umano e professionale, non un semplice “sforare i tempi” del processo di selezione.