Sabato 21 Dicembre 2024

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  • 24/5/2023

L'orientamento di persone che non lavorano e non cercano lavoro

In un mio precedente articolo avevo fatto una panoramica sui motivi per cui un lavoratore decide, più o meno liberamente, di lasciare il proprio posto di lavoro. E prima ancora sulle motivazioni dietro la scelta o il rifiuto di accettare una proposta di lavoro. In questo nuovo articolo, affronterò i principali motivi per cui un utente non ha mai lavorato o avuto un contratto in regola. A cura di Rovena Bronzi, Orientatrice Asnor.

Nell’attuale mercato del lavoro, dove si parla tanto di personal branding, auto-realizzazione, carriera e self marketing, è certamente difficile riuscire a pensare che ci sono persone che non hanno mai lavorato nella loro vita, e non sto parlando di ultra ottantenni ma di un target che va dai 20 anni (con la scuola terminata magari già da anni) all’età della pensione. Eppure la mia esperienza professionale parla chiaro.

Mi è capitato spesso di incontrare persone che raccontavano di non aver mai lavorato nella loro vita o al massimo, se lo hanno fatto, solo occasionalmente e senza mai essere stati in regola.

Le motivazioni dietro il rifiuto di lavorare

Elenco qui di seguito alcuni dei motivi più diffusi che portano alcune persone a tali condizioni, ribadendo un concetto importante già visto nei precedenti articoli, quanto è importante per un Orientatore analizzare questi motivi e portare l'utente a prendere una graduale consapevolezza sul cosa implicano.

  1. Nessuna necessità economica di dover lavorare;
  2. Per scelta di altri, quali un membro della famiglia;
  3. Scelte personali di vita, delle volte legate alla salute, o a particolari eventi o al contesto/cultura di riferimento;
  4. Assenza di titoli di studio o persino anche delle più elementari competenze di base;
  5. Scelta di continuare a studiare e a formarsi, senza in realtà sentirsi mai pronti per cominciare;
  6. Preferenza verso forme di assistenzialismo.

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L’intervento dell’Orientatore

Da Orientatrice sono dell'idea che non dobbiamo mai giudicare alcun tipo di scelta, seppur spesso per noi incomprensibile, un po' perché fa parte del nostro ruolo quello di non giudicare, un po' perché non essendoci trovati nella stessa situazione non avrebbe senso farlo.

Non possiamo, però, neanche sottovalutare il fatto che l’attuale mercato del lavoro va sempre di più nella direzione opposta all’assistenzialismo e quindi o esistono motivi riconosciuti e validi per non cercare lavoro o la direzione richiesta sarà sempre più quella dell’attivarsi nel cercarlo.

Il compito di un Orientatore è quello di accompagnare l'utente a prendere atto che:

  • indiscutibilmente, e non per un pregiudizio fine a se stesso, se una persona non ha mai lavorato, non si è mai aggiornata/formata, logicamente il suo livello di spendibilità nel mercato del lavoro in questo momento è nettamente basso;
  • fare una ricerca del lavoro passiva, ovvero limitarsi a mandare CV o a rispondere a offerte di lavoro, iscriversi a Centri per l’Impiego, Informalavoro o Agenzie per il lavoro, di regola porta a ben pochi risultati. Qui mi piacerebbe aprire un confronto con i colleghi Orientatori, persino una ricerca più attiva (aprendo un profilo Linkedin ad esempio) potrebbe rivelarsi poco funzionale;
  • occorre andare oltre il concetto di ricerca immediata di un lavoro.

La persona deve dunque informarsi e aggiornarsi, anche sulle attuali richieste del mercato del lavoro. Cosi come deve imparare a raccontare la sua storia sotto una nuova luce, ovvero come una storia fatta di esperienze e di competenze che non sono state apprese grazie a contratti di lavoro, bensì grazie a quella maestra potentissima che è la vita.

Ma certamente tutto ciò non potrebbe bastare, lo sappiamo tutti, a trovare lavoro, anche in considerazione del fatto che, in molti casi, alcune  storie sono davvero ricche di esperienze, ma molte altre no, magari perché sempre vissute alla giornata o nell’illegalità.

Ecco quindi che diventa fondamentale aiutare l’utente a comprendere l’importanza di affacciarsi al mercato del lavoro in punta di piedi, magari con un tirocinio extracurriculare volto al reinserimento lavorativo o addirittura in specifiche situazioni, per esempio per chi ha determinate caratteristiche tra cui quella di essere in carico ai servizi sociali, con un tirocinio di inclusione sociale, altresì detto ri-socializzante, socio-assistenziale, che potrebbe rappresentare un ponte verso futuri altri percorsi più professionalizzanti, pur non avendo obiettivi di reinserimento lavorativo.

Oppure ancora, la persona potrebbe attivarsi per esempio in progetti di volontariato per apprendere nuove skills.

Last but not least è importante riuscire a rendere il nostro utente:

  • motivato ad uscire da situazioni di assistenzialismo, accogliendo anche percorsi alternativi ma finalizzati a renderlo più libero e magari aprirgli future opportunità;
  • consapevole sempre e comunque del suo valore e del fatto che nonostante le sue scelte, per noi come orientatori è ben altro dal "colui/colei che non ha mai lavorato o peggio non ha mai – voluto – lavorare”. È anche cosi che si costruisce la relazione e si conquista la fiducia dell’utente.

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Rovena Bronzi

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