- 2653
- 3 minuti
- 29/5/2024
Skill mismatch e Neet, la soluzione orientativa
Skill mismatch, ossia il profondo gap oggi esistente tra competenze acquisite e competenze richieste dal mercato del lavoro, e Neet, ossia giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, sono due fenomeni molto diffusi in Italia. La soluzione orientativa a questi problemi consiste nell’insegnare che è l’insieme delle competenze acquisite a raccontarci quale lavoro faremo, anche se oggi non ha ancora un nome. A cura di Dario Madeddu, Orientatore Asnor.
Quando conobbi Riccardo, un ragazzo che ho seguito come Orientatore, era di fronte a una scelta che riteneva banale: quella del percorso da affrontare per raggiungere il Diploma. “Voglio andare in quell’istituto – mi disse - perché è il più vicino a casa e ci andranno altri miei compagni di scuola che vivono qui in paese, ma non mi piace. Mamma mi ha detto che non mi può accompagnare ogni giorno a Nuoro per frequentare la scuola che vorrei”. Gli risposi: “La tua scelta è sensata, ma non lasciare che ti segni la vita!”.
Skill mismatch e Neet, due fenomeni a confronto
Quando si affronta il tema dello skill mismatch, ossia il profondo gap oggi esistente tra competenze acquisite e competenze richieste dal mercato del lavoro, spesso lo si fa per richiedere ai giovani di osservare meglio il mondo del lavoro: il lavoro c’è, ma bisogna capire bene cosa studiare, altrimenti si rischia di essere preparati per qualcosa che le aziende non ricercano.
A questo fenomeno si aggiunge quello dei Neet (Not in Education, Employment or Training), vale a dire giovani che non studiano, non lavorano e non si formano affatto.
Secondo Eurostat, in Italia, ci sono circa 3 milioni di Neet, il dato peggiore in tutta Europa.
Da Orientatore, è ormai un po’ di tempo che mi faccio una domanda: è possibile che tre milioni di ragazzi non sappiano cosa studiare, non abbiano voglia di farlo e non abbiano neppure le competenze giuste per trovare un lavoro?
La risposta è affermativa, ovviamente, e ciò significa che siamo un sistema Paese che non sta adottando soluzioni corrette.
Il fenomeno dei Neet nei piccoli centri italiani
L’Italia è un Paese dove più del 16% dei suoi abitanti vive in piccoli centri.
Ciò significa due cose. La prima è che sarebbe bello mantenere in vita e attivi economicamente i piccoli borghi, ma stiamo ancora costruendo un sistema che si fonda sulle città come principali aggregatori di servizi.
La seconda è che, se quel 16% di abitanti vorrà lottare per restare nei piccoli centri, il numero dei Neet aumenterà.
Tutto ciò me lo ha insegnato la storia di Riccardo, uno dei tanti ragazzi che qui in Sardegna, così come avviene in tante altre zone d’Italia, è costretto a studiare qualcosa che non gli piace per non doversi allontanare troppo da casa. I motivi sono diversi, ma tutti legati tra loro.
La scuola che vorrebbero frequentare è troppo distante da casa e per raggiungerla occorrono circa due ore di viaggio con i mezzi pubblici.
Vi immaginate cosa possa voler dire sottoporre un giovane a un viaggio di quattro ore ogni giorno per frequentare una scuola?
Il problema potrebbe essere superato se esistesse un convitto, e anche se ci fosse, i genitori non se lo potrebbero permettere. Il padre di Riccardo è un piccolo allevatore, a malapena mantiene la famiglia, e nella sua vita non si è mai potuto permettere di varcare i confini dell’Isola per prendersi una vacanza, figuriamoci se possa solo pensare di mandare il figlio a studiare lontano da casa.
Lo skill mismatch, le mancate corrispondenze tra titolo di studio e lavoro
Spesso, i giovani che abbandonano la Scuola o l’Università non vedono un collegamento tra ciò che studiano e il lavoro che potrebbero fare.
Il più delle volte si crede che a un titolo corrisponderà un lavoro e ciò non è più vero oggi, così domani lo sarà ancora meno.
Nel mondo del lavoro si ricercano figure che hanno nomi inglesi diversi dai titoli di studio e hanno posizioni nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) che hanno ancora un altro nome.
Se ci mettessimo a ricercare quel titolo tra i Codici ATECO troveremmo altro ancora.
La soluzione orientativa
Una parte della soluzione ai due fenomeni dello Skill mismatch e dei Neet sarebbe avvicinare la scuola al territorio, ma non in senso fisico.
Fare in modo, cioè, che quel mondo delle produzioni che caratterizza i piccoli centri ritorni tra i banchi delle scuole, delle istituzioni formative e delle università.
Piuttosto che relegare le realtà agropastorali a qualcosa in via di estinzione, da salvaguardare con piccoli interventi ad hoc, bisognerebbe insegnare come applicare ad esse il digitale.
Bisognerebbe indirizzare ciò che viene insegnato a scuola o all’università, verso le reali applicazioni possibili sul territorio di riferimento, anche se questo non basterebbe a risolvere il problema dei Neet.
Dopo il suo sfogo e le sue preoccupazioni, dissi a Riccardo questo: “Ogni percorso di istruzione o formativo ti arricchisce. Mentre studi per arrivare al diploma, ci sarò io o ci sarà un altro orientatore che ti aiuterà a capire quali competenze stai acquisendo. Questo cammino che stai iniziando oggi è solo il proseguimento di un percorso di studi che durerà tutta la tua vita. Oggi dobbiamo tutti continuare a studiare, anche mentre lavoriamo. Quindi, non cercare di vedere mai un traguardo da raggiungere per poterti fermare: goditi questo momento, perché dopo ti mancherà poter solo studiare. Non importa che tu mi capisca, sappi che se riuscirai ad avere sempre accanto un orientatore, non resterai senza studiare e neppure senza avere idea del lavoro da fare.
La soluzione orientativa, quindi, consiste nell’insegnare che è l’insieme delle competenze acquisite a raccontarci quale lavoro faremo, anche se oggi non ha ancora un nome.
I titoli sono nomi, le competenze sono sostanza e bisogna studiare costantemente per mantenerle vive.
Avere un orientatore formato e aggiornato che ci segue lungo tutto il nostro cammino aiuterebbe a capirlo.
L’orientamento lungo tutto l’arco della nostra vita è un diritto di cui da tempo si parla, ma che in Italia non ha ancora un’applicazione reale.
L’orientamento continuo non può certamente risolvere pienamente questi fenomeni, ma è indispensabile applicarlo per fornire ai giovani gli strumenti necessari a compiere scelte consapevoli per il proprio futuro.