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- 21/6/2024
Il ruolo delle Università nel processo di internazionalizzazione della formazione
Il contesto internazionale sta mutando profondamente e provoca cambiamenti rilevanti anche nelle concezioni e nelle opinioni del modo con cui la formazione può contribuire allo sviluppo economico e sociale dei Paesi europei. Sicuramente tale fenomeno rende la formazione sempre più internazionalizzata e comprende una serie di dibattiti relativi ai processi e ai compiti della formazione. A cura di Alessia Paglia, Orientatrice Asnor.
I fattori che garantiscono l’internazionalizzazione della formazione continua
Le riflessioni e le modalità di azione per favorire questo fenomeno epocale di internazionalizzazione della formazione continua devono concentrarsi, senza trascurare nulla, su una serie di elementi: sugli interessi dei singoli gruppi o istituti e governi; sulle esigenze e sulle storie personali dei singoli ricercatori; sui differenti punti di vista scientifici e culturali; sulle differenti prospettive di sviluppo economico e istituzionale.
Tutto ciò per un obiettivo comune: favorire la formazione dei talenti come sviluppo strategico di risorse su scala mondiale.
Lo stretto legame tra formazione continua e politiche sociali (nazionali e internazionali)
Cosa bisogna fare per progredire nel processo di internazionalizzazione della formazione continua in età adulta, mediante l’attuazione della riforma educativa e affinché vi possa esserci una sinergia tra formazione e politiche sociali?
La risposta è:
- analisi dei sistemi scolastici e crescente visibilità della loro utilità sociale;
- studio, proporzione e progettazione di politiche a sviluppo ecosistemico dei servizi formativi, affinché il loro recupero di efficienza corrisponda a risposte vissute come efficaci dalle imprese e dai singoli;
- analisi dei processi di diversificazione delle fonti di finanziamento dell’istruzione e della formazione, nella prospettiva che persone e aziende tornino a essere parimenti responsabili tanto dei costi quanto dei relativi benefici;
- produzione, sperimentazione e diffusione dei modelli e dei paradigmi di una rinnovata cultura scolastica, nella quale la ricerca didattica non sia slegata dall’aggiornamento delle nuove enciclopedie dei saperi e delle esperienze professionali.
L’impegno delle Università
Lo stesso sistema universitario e accademico va progressivamente rivisitando la concezione tradizionale della conoscenza, attribuendo una vocazione universale e internazionale alla formazione e alla cultura in genere. In che modo?
- Offrendo una maggior mobilità competitiva, non solo strettamente legata alle competenze corrispondenti al proprio ambito professionale, ma anche a quelle culturali e linguistiche.
- Promuovendo lo sviluppo di una serie di atteggiamenti sempre più aperti al dialogo e al confronto, assieme alla necessità di eccellere nel proprio dominio, in corrispondenza della propria sede e del proprio campo di ricerca.
- Spostando e focalizzando la propria preoccupazione verso l’efficacia formativa, assicurata agli studenti e agli aspiranti ricercatori.
La riforma della cultura educativa
La riforma della cultura educativa, annunciata dall’Università e in via di sviluppo e attuazione, è partita dai curricula.
Quest’ultimi ambivano a trasmettere agli studenti e ai ricercatori una conoscenza limitata alle strutture logiche, normative, conoscitive, sintattiche delle discipline e una competenza accademica di base.
Oggi, invece, si impegnano a insegnare a:
- pensare in autonomia;
- risolvere i problemi;
- possedere una comprensione profonda dei programmi di ricerca.
Orientativamente, sono questi i programmi e gli obiettivi formativi futuri.
Letture consigliate
- Baldacci M., Frabboni F., Margiotta U., Longlife/longwide Learning. Per un trattato europeo della formazione, Bruno Mondadori, Milano, 2012;
- Consorzio Interuniversitario Almalaurea (2011), Tasso di occupazione, disoccupazione e forze lavoro secondo la definizione ISTAT. In: Condizione occupazionale dei laureati. XIII indagine 2010. Report marzo 2001.