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- 7/11/2024
L'Orientamento al fianco dei genitori: i padri
Per i giovani, dimostrare di saper fare da soli e realizzare concretamente ciò che scelgono è la via necessaria a completare il percorso di costruzione della loro identità. Ma in questo percorso le figure dei genitori sono molto importanti. A cura di Ileana Ogliari, Orientatrice Asnor.
Il rapporto tra genitori e figli adolescenti è senza dubbio molto difficile.
In questi anni trascorsi nel mondo della scuola, mi sono sentita spesso dire “Professoressa, mio figlio non lo riconosco più” e a queste parole ho sovente risposto con un “Tenga duro, sta solo crescendo e, per farlo, ha bisogno di capire chi è e cosa vuole”.
L’esperienza mi ha insegnato anche a guardare oltre. Noi insegnanti siamo concentrati sui nostri allievi, i genitori sono concentrati sui propri figli, eppure non hanno meno bisogno di confronto e di conforto.
La figura dell’Orientatore/Orientatrice può entrare a pieno titolo in questo gioco delle parti, mettendo le proprie competenze a disposizione anche degli stessi genitori, a volte attori principali, altre volte vittime sacrificali nel processo di crescita dei loro ragazzi.
In questo articolo, focalizziamo la nostra attenzione su una delle due parti: i papà.
Cosa ci dice la letteratura sul rapporto padre-figlio
La Letteratura rappresenta da sempre lo specchio dell’animo umano, ne disegna i tratti, ne definisce i sentimenti, ne spiega i complicati grovigli e ne esalta le magnifiche doti.
Ho scelto tre figure emblematiche di figlio che racchiudono una verità straordinaria: i figli hanno un bisogno incessante del proprio papà.
Lo dimostra Telemaco che, nell’Odissea, lascia Itaca ancora giovanissimo e sfida le sue paure e il senso di inadeguatezza per trovare a tutti i costi il padre Ulisse, pur non conoscendo nulla di lui se non attraverso il racconto fatto da altri. Ulisse parte per la guerra di Troia quando Telemaco è ancora molto piccolo. Il ragazzo, però, deve compiere una missione: divenire egli stesso eroe, e lo fa nel momento in cui, riconosciuto finalmente il genitore, vince ogni remora e lo affianca nella liberazione dell’isola dai pretendenti che vogliono usurpare il trono che gli appartiene.
Anche Pinocchio lotta contro il mare per ritrovare Geppetto che, nella ricerca del suo “bambino”, con una barchetta di fortuna, si allontana al largo in balìa delle onde. Sarà proprio il burattino a salvare il padre, sarà lui a incoraggiarlo a uscire dalla bocca del terribile pescecane, e sarà sempre lui a caricarlo sulle spalle per condurlo a riva e a lavorare per comprare le medicine necessarie a prendersi cura del povero babbo malato.
Rosso Malpelo, nella omonima novella verghiana, mostra una profonda umanità scavando nella sabbia fino a strapparsi le unghie per ritrovare il corpo di Mastro Misciu e affronta le maldicenze altrui pur di riappropriarsi del corpo di quell’uomo che gli aveva dato la vita.
Questi tre personaggi dimostrano coraggio, grande forza di volontà, riconoscenza e valore.
Sono tre ragazzi che non possono fare a meno dei loro papà per diventare, a loro volta, uomini.
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Dalla finzione alla realtà
Condivido alcuni incontri accaduti in questi anni a scuola.
Mi viene in mente l'incontro con un padre a cui il figlio “scapestrato” aveva tolto il sorriso. Ogni volta che incrociavo il suo sguardo aveva gli occhi sempre più bassi, tristi, rassegnati: “Professoressa, non so più cosa fare”.
Penso anche a un altro papà, militare, separato da tempo e con un lavoro che lo portava spesso lontano, al quale il figlio rimproverava costantemente di non esserci, sapendo benissimo di colpirlo nella sua fragilità più grande, il senso di colpa per averlo “abbandonato”, pur facendo di tutto per dimostrargli il contrario. Queste le sue parole: “Professoressa, le trasferte mi servono per dare a lui un futuro migliore, ma non lo capisce”.
Oppure penso a un terzo papà che, qualche anno fa, partecipando per la prima volta ai colloqui pomeridiani con gli insegnanti, prima di andare via, con gli occhi visibilmente emozionati, mi diceva: “Professoressa, per impegni lavorativi ho sempre delegato mia moglie di seguire la vita scolastica dei nostri figli, ecco perché in questi anni non sono mai venuto. Devo dirle, però, che ora ho constatato di persona il grande lavoro che fate per l’educazione e l’istruzione dei miei ragazzi, me ne pento, e per questo cercherò di essere più presente accanto a loro e a voi”.
Lo ricordo ancora seduto tra gli altri ad ammirare il figlio durante l’esame orale, con gli occhi pieni di orgoglio e di incanto per il suo bambino ormai divenuto ragazzo.
Un’attività utile
Da questa riflessione nasce l’idea da rendere concreta all’interno della propria realtà scolastica, una proposta resa forse ancora più necessaria in questo momento storico in cui il dialogo tra generazioni sembra davvero un’urgenza, per la nuova ricerca di valori a cui siamo oggi chiamati: dedicare qualche ora del percorso di orientamento ai genitori.
Il ruolo dell’Orientatore al servizio della crescita individuale di ciascun ragazzo troverebbe compimento anche attraverso un dialogo con chi quei ragazzi li vede crescere quotidianamente e vive nel costante impegno di dare loro il meglio.
Magari, sarebbe un contribuito per arginare il rischio che molti genitori corrono di riversare aspettative sul futuro che sono più legate alla propria prospettiva di vita che a quella dei figli che, in quanto tali, sono generati da loro ma inevitabilmente sono altro, con la propria straordinaria unicità.
Ascoltare i papà, sedersi accanto, far capire che orientare non è allontanare i figli ma aiutarli a compiere il proprio cammino, li solleverebbe forse da qualche peso troppo grande da sopportare, senza privarli, però, del ruolo educativo che hanno e dell’essere un punto di riferimento insostituibile per i piccoli Telemaco, Pinocchio, Rosso Malpelo.
Personalmente, posso dire di avere una grande fortuna, un papà che mi ha sempre detto, e che continua a dirmi questo: “Qualunque cosa tu decida di fare, io sono con te”.