Sabato 2 Novembre 2024

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  • 4/12/2023

Generazione Z, dal fare all'essere. Il Servizio Civile come pratica per esplorare e orientarsi

L’anno di Servizio Civile ha una storia decennale nel nostro Paese e già centinaia di migliaia di giovani hanno preso parte a questo progetto che possiamo definire come un mattone nella fase di transizione di carriera dei giovani. La Generazione Z, alle prese da qualche anno con questa opportunità, sta generando nuovi significati. A cura di Fausto Sana, Orientatore Asnor.

La pandemia chiede senso ad un presente che corre e nasconde un futuro incerto. I giovani under 30 sono il cuscinetto di questa fase storica e si collocano con il proprio sapere e punto di vista all’interno di contesti che per “età anagrafica” si presentano consolidati e non sempre disponibili al perturbamento giovanile.

I giovani volontari in Servizio Civile si sentono schiacciati tra un futuro incerto e non collocabile ed un presente che corre e non ha memoria o punti fermi sui quali costruire. Eppure gli stessi giovani, Andrea, Maria, Luca, Matteo, Sara…e tanti altri giovani provano a sperimentarsi ed esplorare le proprie abilità in una fase di passaggio che gli chiede di divenire responsabili e adulti ma allo stesso tempo li mette alle strette con un urgente domanda:

  • Che cosa vuoi fare della tua vita?
  • Che cosa vuoi fare nella tua carriera?

I mesi di Servizio Civile chiedono ai volontari di compiere azioni che per anni si sono viste fare ad altri. Viene chiesto di prendere parola, di dare voce, di trasformare o replicare azioni abitudinarie (per l’ente) ma nuove per i volontari; chiedono di assistere alla realtà, quella cruda e quella “impomatata”; sicuramente viene chiesto di sporcarsi le mani ed il cuore.

In questa dimensione, l’esplorazione della realtà, delle proprie capacità e della dimensione comunitaria divengono tappe fondanti per la costruzione della propria consapevolezza e progetto di carriera.

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Generazione Z: la consapevolezza maturata grazie al Servizio Civile

I giovani della cosiddetta Generazione Z (persone nate tra i medio-tardi anni '90 del ventesimo secolo e i primi anni 2000) scoprono che ce la possono fare, che qualcuno offre loro fiducia, che tutto sommato l’ansia, le preoccupazioni ed il “ci riuscirò?” non sono solo l’ultimo sguardo o giudizio di se stessi ma sono il “pegno” da pagare per il proprio impegno e guadagno personale.

La pandemia ha invalidato le potenzialità dei giovani e di chi in quei lunghi mesi ha dovuto vivere un surrogato nel rapporto con la realtà influenzandone le capacità di immaginarsi in un futuro prossimo. Decollare in un aeroporto lungo 12 mesi non è dimensione scontata per chi ha dovuto stare parcheggiato sulla pista, in attesa di prendere il volo per una destinazione ipotetica. In questa metafora possiamo validare l’esperienza come un’esperienza orientante al sé nel raccogliere elementi utili a pianificare traguardi possibili.

La capacità di decollare in orario è spesso dipesa dalla stoffa presente nel singolo giovane e dal fatto di avere a bordo passeggeri orientati ed orientanti. I giovani riconoscono, con le circostanze e le progettualità del Servizio Civile, che sono differenti le risorse e le personali capacità e che la sfida vera è farle emergere e nominarle.

Sicuramente le persone che incontrano i giovani in questi 12 mesi divengono, a detta di tanti, molti, quasi tutti oserei dire, persone e istanti di persone che consegnano qualcosa di loro ai volontari, che in un secondo tempo possono essere trasformati in stimoli e modelli per la persona che si vuole costruire. I giovani volontari trattengono ciò che di necessario e trasformativo riconoscono nell’esperienza.

La Generazione Z al lavoro [Studio 2023]

Realismo o romanticismo?

I giovani sono molto più realistici di quanto pensiamo. Riconoscono subito l’autenticità di una persona e nell’esperienza del Servizio Civile sanno tradurre le domande orientanti in piste e tracce per il proprio decollo. Sanno ipotizzare aeroporti di partenza e di arrivo.

Alcuni giovani sono consapevoli che non si sentono pronti per intraprendere con consapevolezza e convinzione esperienze professionali o professionalizzanti e desiderano approfondire le proprie competenze, le soft skills, e anche fare esperienze esplorative ed orientanti.

L’anno di Servizio Civile

È qui che si colloca l’anno di Servizio Civile, per giovani che lo scelgono per:

  • trovare la propria strada, esplorarsi esplorando una realtà che parla e chiede risposte personali, di prendere parte e voce nel contribuire;
  • essere indipendenti, iniziare a costruire un pezzo di sé e del proprio progetto di vita in un ambiente che chiede il giusto e non il troppo;
  • fare esperienza, essere all’altezza è un timore che si traduce con mi preparo per ciò che il mercato del lavoro chiede e in qualche modo sarò più preparat*.

Conclusioni 

Oggi sento sempre più vero che i giovani incontrati in aula per il Servizio Civile Universale (SCU) sono giovani che chiedono la possibilità di creare senso vivendo; che si stanno prendendo cura di sé, prendendosi cura degli altri e di un pezzo di realtà; non vogliono basare la propria vita solo sulle capacità performanti ma su quelle che abilitano a essere, esistere e a dire chi sono.

La Generazione Z ci obbliga ad offrire progetti, a non fermarci ai singoli oggetti o traguardi, a volte narcisisti; ci invita a proporre e condividere con i giovani esperienze ove l’osservazione, la trasformazione, la narrazione sono e divengono parte della propria consapevolezza e quindi del proprio senso.

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Fausto Sana

Fausto Sana

Orientatore Asnor, Formatore, Consulente

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