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- 2/2/2023
Cos'è lo skill mismatch e come l'orientamento può aiutare aziende e lavoratori
L’espressione skill mismatch sta ad indicare la mancata corrispondenza, un gap oggi molto profondo, tra le competenze richieste dalle aziende e quelle effettivamente in possesso da parte dei lavoratori e/o dei candidati. Ma perché questo fenomeno limita il futuro dell’occupabilità e come può intervenire l’orientamento.
Cos’è lo skill mismatch
Quando si parla di Skill mismatch si fa riferimento alla mancata corrispondenza esistente tra le competenze - tecniche, umane e sociali - acquisite dalle persone, specie dai giovani ancora in cerca di occupazione, e quelle richieste in ambito lavorativo dalle aziende.
Si tratta di una vera e propria piaga economica e sociale che nel 2016 ha ridotto del 6% la produttività del lavoro a livello mondiale, un fenomeno che, secondo il report di Boston Consulting Group “Fixing the Global Skills Mismatch” riguarda 1,3 miliardi di persone nel mondo ed è in costante aumento: nel 2030 coinvolgerà 1,4 miliardi di persone.
Nuove professioni, il mondo del lavoro sta cambiando e cambierà ancora
Il mondo del lavoro sta cambiando ad una velocità disarmante, perché a cambiare è il mercato e la nostra economia che si stanno facendo prevalentemente digitali, con la conseguenza diretta che, mentre lavoriamo e svolgiamo il nostro conosciuto e organizzato lavoro quotidiano, stanno nascendo nuove professioni tecnologiche ad alto valore aggiunto che renderanno obsolete le nostre più comuni mansioni e competenze.
Solo tra un anno, nel 2022, il 27% dei lavoratori sarà impiegato in lavori che ancora non esistono.
In questo scenario di trasformazione per le risorse umane emerge il paradosso: da un lato esistono alti tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, mentre dall’altro le imprese faticano a trovare risorse qualificate, in possesso delle nuove competenze (soft e hard) legate alle professioni nascenti o che ancora non esistono.
Sebbene anche prima dell’arrivo del Covid-19 i Paesi abbiano dovuto affrontate lo skill mismatch, la pandemia ha aggravato il problema, peggiorando potenzialmente le perdite di produttività.
Orientamento e formazione continua come soluzione all’occupabilità del futuro
Parlando di competenze, le principali skills in grado di rendere i candidati impiegabili sul mercato del lavoro sono quelle soft (consapevolezza, curiosità, voglia di imparare).
Le competenze hard sono ancora molto importanti, ma le aziende stanno cominciando a darle per scontate: la laurea, le specializzazioni, le esperienze lavorative sono solo la base di partenza per la selezione dei candidati.
A fare la differenza sono le soft skills, con una definizione ancora più pertinente, le human skills, perché sono quelle competenze insostituibili dai software e meno coinvolte nel processo di automazione che sta avvenendo oggi nelle imprese.
Ma come dotare le persone di queste competenze e allineare così la domanda e l’offerta di lavoro?
La risposta risiede nella formazione continua sia per i giovani ancora in cerca di un proprio posto nel mondo sia per gli adulti che necessitano di aggiornare le proprie competenze lavorative e sociali.
La proposta, quindi, per il futuro dell’occupabilità è di impegnarsi a costruire percorsi formativi individuali, partendo da veri e propri percorsi di orientamento, sia scolastico che di carriera, gestiti da professionisti dell’orientamento, che possano far emergere le capacità e le attitudini dei singoli soggetti.
Tra queste, immancabili saranno le competenze trasversali - adatte anche per quei lavori che ancora non esistono -, come la comunicazione, il lavoro di squadra, la pianificazione e, non meno importante, la capacità di imparare.