Martedì 2 Dicembre 2025

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  • 2/12/2025

La resilienza: una capacità fondamentale nel mondo del lavoro

La resilienza, come il bambù quando viene colpito da un forte vento, si piega ma non si spezza. A cura di Giancarlo Sabbione, Orientatore Asnor, Career Coach e Customer Care Specialist.

Il Future of Jobs Report del 2025 del World Economic Forum, che offre una visione dell'evoluzione del mercato del lavoro, elenca le Core Skills che i datori di lavoro a livello mondiale considerano fondamentali per la loro forza lavoro.

Al secondo posto, dopo l'analytical thinking, rileviamo resilience, flexibility e agility: dove la flexibility è stata già oggetto di trattazione sul Magazine di Asnor, da parte della collega Orientatrice, Manuela Rapacchia.

Adesso, decliniamo la resilienza definendola, con formula ampia, quasi una sintesi dei diversi autori, come la capacità di adattarsi, di riprendersi e crescere nonostante le esperienze di vita avverse. È una competenza fondamentale nel contesto lavorativo e personale, per cui i lavoratori resilienti nella propria carriera, proprio perché focalizzati sull'adattamento al cambiamento e sull'apprendimento continuo, rappresentano e rappresenteranno una notevole risorsa in termini di vantaggio competitivo per l'impresa.


Approfodimento: Il futuro del lavoro: quale sarà quello più richiesto tra 5 anni

Cos'è la resilienza

Partiamo da un breve cenno etimologico del termine resilienza, che deriva dal latino resilire, il cui significato è rimbalzare, saltare indietro. In un’accezione moderna e metaforica, sviluppata soprattutto dalla psicologia, il termine indica la capacità di resistere o riprendersi da eventi avversi, come abilità di "bounce back", cioè riprendere la forma di prima. In questo caso, mutuando dall'osservazione dei materiali che, dopo essere stati sottoposti a pressioni o stiramenti, riprendono la forma originale. Per gli esseri umani, analogamente, si tratta di riprendersi da eventi nefasti e recuperare il successo momentaneamente perso.

La perla e la ferita: una metafora di Kahlil Gibran

Quando all'interno di un'ostrica entra un granello di sabbia, che potremmo definire un corpo estraneo o impurità, il mollusco reagisce producendo degli strati di madreperla che portano, dopo un processo doloroso e scomodo, alla creazione della preziosissima perla.

Gibran ha scritto che "la perla è la ferita dell'ostrica" in quanto si tratta di un processo doloroso e irritante prodotto dal granello di sabbia che entra nel corpo del mollusco.

Con questa immagine dell'ostrica, si spiega come da fastidi, difficoltà e ferite interiori si riesca a creare qualcosa di bello, come, quando nella nostra vita incontriamo delle esperienze negative e avversità che, attraverso delle risorse interne magari nascoste, riusciamo a domare e a dirigerci verso la positività e la creazione di valore aggiunto come la perla.

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Resilienza e benessere (well-being)

Esiste una parola che, il più delle volte, è collegata alla resilienza: il well-being (benessere), che può essere definito come "lo stato di essere a proprio agio, in salute o felice" (Oxford English Dictionary, 2021).

Mguni et al. (2012) pensano che la resilienza e il well-being siano collegati, ma parlano anche di due facce di una stessa medaglia, distinguendoli così:

  • il well-being come uno stato psicologico in un dato momento;
  • la resilienza è meno legata a un momento specifico ed è dinamica, considerando passato e futuro.

Una persona può costruire resilienza prima di affrontare una crisi ed essere più incline a gestire i problemi futuri. La sua natura dinamica implica che può fluttuare in diverse fasi della vita o in situazioni differenti, per cui potremmo essere più o meno resilienti in diversi periodi della nostra vita, registrando un movimento sinusoidale, con alti e bassi.

Steven Southwark (2014) suggerisce che la resilienza "esiste su un continuum che può essere presente a diversi gradi in molteplici ambiti della vita", portando come esempio come "un individuo possa adattarsi bene allo stress sul lavoro o in ambito accademico, ma fallire nell'adattarsi nella vita personale o nelle relazioni". Potremmo ipotizzare che, sul posto di lavoro, manifesta una certa “assertività” utile a guidarlo al successo professionale, mentre nelle relazioni familiari questa particolarità potrebbe essere percepita come aggressività, idonea a produrre conflitti.

La resilienza è una capacità chiave che permette agli individui di affrontare e superare situazioni stressanti o difficili, mantenendo o recuperando uno stato di equilibrio psicofisico positivo. In altre parole, essa aiuta a preservare o migliorare il benessere personale anche in contesti lavorativi difficili o di vita complessi, trasformando le sfide in opportunità di crescita personale e professionale.

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Fattori di stress: quali sono e come influiscono

La resilienza è rilevante in risposta allo stress sul lavoro, alle malattie e a gravi eventi ambientali. Il Holmes-Rahe Stress Inventory è uno strumento utile per identificare i fattori di stress, riferibili principalmente al lavoro e alla vita quotidiana, come:

  • redundancy, cioè essere considerato un esubero nella propria azienda;
  • il ritiro dal lavoro;
  • la morte di una persona di famiglia, di un amico o di un'amica;
  • il divorzio;
  • la riorganizzazione del lavoro;
  • problemi con il capo (boss);
  • fatti positivi come matrimoni, gravidanze e vacanze.

È sorprendente come questi ultimi fattori/eventi, che generalmente sono visti con occhio positivo, possano essere anch'essi fonte di stress. L'American Institute of Stress, che assegna un punteggio a ognuno di questi fattori sia di vita che di lavoro, stabilisce che maggiore sarà il punteggio, maggiori saranno i problemi di salute indotti dallo stress.

Tuttavia, la ricerca originale di Holmes e Rahe, risalente a 50 anni fa, potrebbe non tenere conto di alcuni fattori di stress del XXI secolo, come quelli legati alla tecnologia e ai social media.

Ascolta il podcast: Si fa presto a dire stress: ne conosciamo tutte le accezioni?

Resilienza: innata o acquisibile?

La resilienza è una caratteristica che tutti manifestiamo a diversi livelli, suggerendo una componente individuale come la natural resilience (resilienza naturale) con la quale siamo nati, che ci protegge e ci incoraggia a imparare ed esplorare il nostro mondo.

Tuttavia, è possibile imparare a essere resilienti, con una possibilità di learning to be resilient e di growing your own capacity for resilience, e questo tipo di resilienza è conosciuta come learned resilience (resilienza appresa), proprio a significare che si possono apprendere tecniche e strategie per riportare alla luce la natural resilience che possedevamo da bambini.

Tra i fattori che favoriscono lo sviluppo della resilienza si annoverano:

  • la percezione di essere circondati da persone di famiglia e amici su cui "si può contare", che ci supportano, sostengono, stimano e ci forniscono un effetto cuscinetto in situazioni di grave stress;
  • il controllo sulla propria vita e su ciò che ci circonda;
  • l'ottimismo, inteso come la disposizione mentale ad attendersi eventi favorevoli, ma valutando e raccogliendo i segnali che provengono dal mondo reale;
  • l'autostima o considerazione positiva di sé, che influisce sulla capacità di essere resilienti, e quindi meno vulnerabili.

Formazione Asnor

Self-esteem e Self-efficacy: i due pilastri

Autostima (Self-esteem)

L'autostima si riferisce alle convinzioni che una persona ha di sé: che tipo di persona è, le sue abilità, gli aspetti positivi e negativi che lo riguardano, e le aspettative per il futuro.
Se la stima di sé è sana e realistica, le convinzioni su di sé saranno generalmente positive. Ci potranno essere momenti difficili, ma la persona sarà in grado di gestirli senza impatti negativi profondi.
Viceversa, chi possiede una bassa autostima tenderà a focalizzarsi sulle debolezze e sugli errori commessi, e potrebbe faticare a riconoscere gli aspetti positivi della propria personalità.

Frank, M. (2011), nel suo The pillars of the self-concept: self-esteem and self-efficacy, raccomanda i seguenti passaggi per incrementare l'autostima:

  • eliminare il dialogo interiore negativo (self-talk);
  • riconoscere i punti di forza, sottolinearli e apprezzarli anziché concentrarsi sulle debolezze;
  • riconoscere il proprio valore e ricordarsi che si merita rispetto e di essere trattati bene, sia da sé stessi che dagli altri;
  • accettare gli errori commessi, riconoscendo che tutti li fanno;
  • accettare eventuali rifiuti (rejections) rispetto ad aspettative molto desiderate, come ad esempio non ottenere un lavoro, poiché nessuno ha successo in tutto.

Autoefficacia (Self-efficacy)

Questo concetto, sviluppato dallo psicologo Albert Bandura, si riferisce al grado di convinzione che un individuo ha circa la propria capacità di ottenere risultati. Ha un impatto su:

  • le scelte di compiti, obiettivi e azioni;
  • quanto puntiamo in alto e se rischiamo di affrontare compiti impegnativi;
  • quanto siamo motivati, e quanta energia investiamo per raggiungere o completare un compito;
  • come affrontiamo le sfide, gli ostacoli e l’assenza di risultati immediati.

Ad esempio, di fronte a un colloquio di lavoro con esito negativo, una persona con un alto senso di self-efficacy assocerà il risultato a una scarsa preparazione; mentre una persona con bassa fiducia nelle proprie capacità potrebbe concludere di non essere adatta a svolgere quel lavoro – o lavori simili.

È evidente che, nei periodi di transizione lavorativa, la self-efficacy fa una grande differenza nel modo in cui affrontiamo cambiamenti e sfide.

Resilienza personale e resilienza professionale

La resilienza personale, come accennato, riguarda la vita in generale e la capacità di affrontare eventi estremamente avversi o traumatici, come la morte di una persona cara o una situazione violenta.

Prima di definire la resilienza professionale (career resilience), va fatta una premessa: è molto improbabile che qualcuno mantenga la stessa carriera per tutta la vita. Le conoscenze e competenze acquisite possono diventare rapidamente obsolete.

La career resilience si riferisce a un processo – o meglio, a un mindset – che implica la necessità di apprendere per tutta la vita, essere agili e flessibili, passando da un ruolo a un altro, da un’organizzazione a un’altra, da una specializzazione a un’altra.

Oggi e in futuro, molte persone vivranno queste transizioni e dovranno persistere, adattarsi e prosperare nella propria carriera, attivando capacità di superare battute d’arresto professionali (Mishra e McDonald, 2017).

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Career Resilience e Skill Gap

In un mondo del lavoro in costante trasformazione e con l’accelerazione del digitale, la career resilience è fondamentale per i datori di lavoro perché riflette capacità di adattamento e sviluppo personale.

Tendenze come la gig economy impongono di gestire insicurezza lavorativa e finanziaria. Il divario di competenze (skill gap) – tra quelle possedute e quelle richieste – può essere colmato dal datore tramite upskilling, ma anche dalla persona stessa attraverso un atteggiamento proattivo e aperto all’apprendimento continuo.

La Curva di Fisher: affrontare il cambiamento

Lo psicologo John Fisher, con la sua Personal Transition Curve, descrive le reazioni emotive al cambiamento attraverso otto stadi principali:

  • Anxiety (Ansia)
  • Happiness (Felicità)
  • Fear (Paura)
  • Threat (Minaccia)
  • Guilt (Colpa)
  • Depression (Depressione)
  • Gradual Acceptance (Accettazione Graduale)
  • Moving Forward (Avanzamento)

A questi si aggiungono stadi alternativi come Denial (Negazione), Disillusionment (Disillusione), Hostility (Ostilità), Complacency (Complicità).
Ogni persona vive questi passaggi in modo unico, muovendosi avanti e indietro tra le fasi prima di raggiungere un pieno adattamento.

La resilienza nei colloqui di selezione

I recruiter valutano la resilienza attraverso:

  • il modo in cui il candidato affronta i problemi;
  • la sua persistenza;
  • l’engagement con gli altri (es. assessment center);
  • la capacità di apprendere dagli insuccessi;
  • la creatività sotto pressione;
  • la gestione della vulnerabilità.

Dimostrare career resilience significa anche mostrare capacità di pensiero analitico, antifragilità e problem solving.

Gestire un rifiuto con resilienza

Ecco alcuni suggerimenti per reagire a un rifiuto professionale:

  • il rifiuto non significa non essere all’altezza, ma che qualcun altro, in quel momento, si è distinto di più;
  • non è personale: il processo di selezione valuta una candidatura in un preciso momento;
  • anche figure di alto livello ricevono rifiuti;
  • ogni esperienza è utile per migliorare le proprie tecniche;
  • non ottenere un posto non significa chiudere tutte le porte future con quell’azienda.

Conclusione

Il Future of Jobs Report 2025 individua resilienza, empatia, ascolto attivo, orientamento al servizio e apprendimento continuo come competenze chiave. In un mondo dominato dalla GenAI, le human-centered skills saranno decisive per evitare la sostituzione tecnologica e favorire logiche di integrazione e complementarità.

In questo contesto, i professionisti dell’orientamento e del coaching avranno un ruolo cruciale:

  • nello sviluppo delle resilienze individuali;
  • nell’accompagnamento delle carriere non lineari;
  • nel guidare il cambiamento e l’adattamento a nuovi contesti lavorativi.

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Giancarlo Sabbione

Giancarlo Sabbione

Orientatore Asnor, Career Coach e Customer Care Specialist.

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