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- 8/7/2024
Intelligenza Artificiale: cos'è e quali effetti produce sulle relazioni umane
Grazie alla tecnologia abbiamo decisamente ampliato le forme di risposta al nostro bisogno di esprimerci e di essere ascoltati, merito questo dei nuovi ambienti di interazione online. Ma la comunicazione di oggi è in una delle sue fasi di trasformazione nella quale la decrescente predisposizione alla socializzazione di persona genera degli effetti sulle relazioni. Vediamo quali. A cura di Marco Labate, Orientatore Asnor, Professional e Business Coach, Esperto di psicologia cognitiva e tecniche di comunicazione.
Cos’è l’Intelligenza Artificiale
Quando si parla di Intelligenza Artificiale (IA), ci si riferisce a tecnologie all’avanguardia dove le macchine hanno la capacità di elaborazione delle informazioni, simile a quella che hanno e utilizzano gli uomini.
L’IA è molto più reale di quanto si possa immaginare e fa parte della nostra vita quotidiana. Gli stessi assistenti vocali come Siri o Alexa sono il preludio a sistemi “intelligenti” e molteplici applicazioni sono già in grado di auto-apprendere, ci supportano per formulare delle scelte e sanno rispondere a domande dei clienti via chat (vedi Chat GPT), filtrano i curriculum per agevolare il lavoro dei recruiter (come gli ATS) e assistono i medici nella lettura dei referti.
L’Intelligenza Artificiale è stata già introdotta nei processi di diverse aziende, anche in Italia.Esistono numerosi esempi di come l’introduzione dell’AI abbia portato un impatto positivo, automatizzando procedure ripetitive a basso valore aggiunto, prevalentemente svolti dall’uomo. Ciò comporta che il collaboratore può concentrarsi su attività più creative e stimolanti e migliorare così la produttività complessiva del suo team e dell’azienda. Inoltre, l’utilizzo dell’IA può aumentare l’efficienza dei flussi di lavoro, ridurre gli errori e accelerare i tempi di realizzazione e consegna.
Ma l’Intelligenza Artificiale vuole raggiungere altri traguardi: uno degli obiettivi di sviluppo futuro è quello di simulare sempre meglio i processi cognitivi per ritagliarsi un ruolo come interlocutore virtuale. Le cosiddette chatbot, sistemi di messaging basati su software progettati per simulare il comportamento e le conversazioni umane (scritte o parlate), consentono agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale, dialogando in maniera istantanea.
Le loro funzioni non si limitano solo all’assistenza online e recentemente è cresciuto l’uso delle chatbot per creare vere proprie interazioni. Stiamo andando sempre più verso una tecnicizzazione della nostra esperienza relazionale perché possiamo:
- creare surrogati di relazioni per chi non riesce a comunicare con altre persone;
- simulare un legame amicale;
- instaurare rapporti che permettono di personalizzare il partner digitale e sceglierne anche l’immagine del profilo.
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Conversazione digitale, quali limiti
La comunicazione tra persone potrebbe così essere sostituita, anche solo in parte, da compagnie virtuali?
In futuro, preferiremo scegliere “a cosa parlare” e non più “a chi parlare”?
L’intelligenza artificiale può sostituire l’amicizia umana? Un’eventualità ancora lontana ma che ci deve far riflettere sulle conseguenze alle quali possiamo andare incontro.
Anche se l’umanizzazione della tecnologia ha i suoi vantaggi ed è già in grado di attrarre il nostro interesse, soprattutto degli individui più vulnerabili e socialmente isolati, non ha raggiunto livelli adeguati di applicazione e presenta ancora dei limiti. Limiti che per ora rendono questi sistemi scarsamente proattivi, non riuscendo a stimolare il dialogo in modo naturale a causa anche delle ridotte capacità nella lettura del linguaggio (anche non verbale) e dell’incapacità di memorizzare e poi collegare tra di loro gli argomenti all’interno di una conversazione.
Per di più l’interlocutore virtuale, privo di una coscienza propria, non è dotato di intenzionalità e non è in grado di instaurare rapporti autentici così come in quelli “vis à vis”: si basa su interazioni troppo superficiali per trasformale in veri legami e non è capace di arricchire le relazioni attraverso la condivisione reciproca delle emozioni.
Un gap che probabilmente è ancora lontano dall’essere colmato e un obiettivo che al momento non sembra essere indispensabile. Recenti ricerche hanno infatti confermato la nostra tendenza a usare la “conversazione digitale” solo per un primo stadio informativo o per veloci scambi di messaggi in chat, preferendo la “conversazione umana” quando vogliamo elaborare concetti a livelli più complessi e condividere i contenuti con un coinvolgimento emotivo di tipo naturale.
Sicuramente non raccontiamo a Siri o ad Alexa la nostra giornata a lavoro o cosa abbiamo fatto nel fine settimana. Scenario confermato dai servizi di ascolto, come Camera d'ascolto e 7cups, che nascono per l’appunto con lo scopo di offrire un ambiente dove trovare un contatto umano e delle persone disponibili ad ascoltare, che ci consentano di parlare con serenità dei nostri pensieri o delle difficoltà che viviamo, senza timore di essere giudicati e, condizione ancor più importante, ogni volta che ne abbiamo bisogno.
Gli effetti sulle relazioni
Grazie alla tecnologia e all'Intelligenza Artificiale abbiamo decisamente ampliato le forme di risposta al nostro bisogno di esprimerci e di essere ascoltati, merito questo dei nuovi ambienti di interazione online, tramite i quali possiamo ricevere le attenzioni desiderate nella forma che meglio si adatta a noi (virtuale o umana, scritta o video) e che a volte possiamo addirittura configurare a nostro piacimento, come una sorta di comfort zone della socializzazione.
Tuttavia, la comunicazione è da sempre un processo in continua evoluzione e quella attuale è in una delle sue fasi di trasformazione nella quale la decrescente predisposizione alla socializzazione di persona genera inevitabilmente degli effetti sulle relazioni, come l’eccessivo isolamento e l’incapacità a instaurare legami. In questo contesto, l’ascolto non può che subirne le conseguenze.
Secondo alcune ricerche, ascoltiamo ancora tanto ma quello che si sta riducendo è Il tempo medio dedicato all’ascolto reciproco. Stiamo subendo una sorta di distrazione dal contatto umano e quanto accaduto con la pandemia Covid-19 ha di certo esasperato questa tendenza a richiuderci nella nostra grotta.
Facciamo inoltre attenzione a non confondere la “capacità d’ascolto”, intesa come l’essere in grado di eseguire un’azione, con la nostra disponibilità quotidiana a interagire con le persone. Non siamo di fronte alla definitiva incapacità dell’individuo moderno di dedicarsi agli altri. Non stiamo abbandonando l’ascolto e non vogliamo che venga meno uno dei bisogni di relazione dell’essere umano, ma stiamo perdendo l’allenamento a un certo tipo di ascolto e alla nostra propensione a socializzare in pubblico.
Conclusioni: allenare la capacità di ascolto reciproco
Questo non basta per farci rassegnare alla fine della vita comunicativa tra individui. Non abbandoneremo mai il dialogo faccia a faccia e non manca la predisposizione all’ascolto, ce n‘è molta di più di quanto oggi giorno si vuole riconoscere. In una società confusa, disordinata e disorientata dal punto di vista comunicativo, semplicemente dobbiamo voler riallenare la nostra più o meno atrofizzata capacità d’ascolto e reclutare ascoltatori bravi, nella piena consapevolezza che per ognuno che ha qualcosa da dire c’è almeno un ascoltatore pronto ad ascoltarlo.