Sabato 27 Luglio 2024

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  • 8/11/2022

Well-Being: i nuovi scenari lavorativi

Le politiche di Well-Being implicano questo necessario cambio di visione: da una parte promuovere un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata utilizzando strumenti come lo smart working e la flessibilità di distribuzione del monte ore lavorativo, dall’altra progettando contesti lavorativi in grado di supportare il benessere. A cura di Cristiana Pinta, Orientatrice Asnor in formazione.

Una giusta dose di stress

“Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre più del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame.”

Ogni mattina ci alziamo, ci prepariamo e iniziamo a lavorare, in media per 8 ore al giorno. Ci sono due fattori che motivano all’azione, come spesso ripeteva Napoleone Bonaparte: l’interesse oppure la paura. Qualcuno è più fortunato e il lavoro che sta svolgendo piace, qualcuno è meno fortunato e il lavoro che sta svolgendo non piace ma non può fare altrimenti.

Tuttavia, a prescindere dal grado di soddisfazione percepita, si vive in un’epoca storica connotata da una politica di urgenza, sia per la complessità di alcune procedure burocratiche che l’informatizzazione avrebbe dovuto semplificare, sia per un sottodimensionamento di personale di cui la maggior parte dell’aziende gode: la percezione individuale è di un’eccessiva mole di richieste che superano sia le risorse interne, cioè la capacità e l’energia che pensiamo di avere; sia le risorse esterne, cioè il sostegno delle altre persone o del contesto.

Quando sussiste sbilanciamento tra richieste e risorse ecco che lo stress, modulatore potente della fisiologia e del comportamento ai fini dell’adattamento, diventa “cattivo” provocando disregolazione dei sistemi biologici e conseguenze per la salute, sia sul piano psicologico che fisico.

Oltre a intaccare la sfera personale, tale disregolazione interferisce sulla performance al lavoro: il nostro approccio ad esso cambia, la motivazione cala così come la qualità delle nostre prestazioni e delle nostre relazioni; l’interesse a raggiungere i risultati richiesti da parte dell’azienda è compromesso.

Cosa significa “Stress Cattivo”

Hans Selye è stato il primo scienziato ad utilizzare il termine “distress” per distinguere lo stress “cattivo”, uno stato di disagio caratterizzato da ansia, abbassamento dell’umore e insoddisfazione; dallo stress “buono” definito “eustress”, un fatto naturale e protettivo per la vita. Lo stress è una reazione che riguarda tutti, quando buono ci permette di raggiungere i nostri  obiettivi amplificando la consapevolezza di sé e aumentandone la produttività; quando invece la dose di stress aumenta ecco che cambia forma provocando una percezione di angoscia e minaccia accompagnata da sintomi psicofisici.

Il restart aziendale

La pandemia e i periodi di lockdown annessi hanno provocato, o forse velocizzato, una transizione : il rapporto tra risorse interne e risorse esterne è stato resettato, un mondo nuovo è apparso. La trasformazione di cui stiamo parlando riguarda non solo le organizzazioni intese come struttura, quanto anche l’assetto della relazione tra la persona e l’organizzazione stessa.  Si è palesata la fine di una corsa e con essa è suffragata una  consapevolezza: è necessario che venga rivolta una maggiore attenzione alla salute fisica e psicologica in un ambiente di lavoro presso il quale  si trascorre quasi il 60 % del proprio tempo.

Le politiche di Well-Being implicano questo necessario cambio di visione: da una parte promuovere un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata utilizzando strumenti come lo smart working e la flessibilità di distribuzione del monte ore lavorativo, dall’altra progettando contesti lavorativi in grado di supportare il benessere:

  • individuale  (in quanti uffici si salta il pranzo perché oberati da riunioni e da ritmi insostenibili?);
  • di gruppo (il team building è ancora troppo sottovalutato);
  • psicologico, tutte le aziende dovrebbero avere al proprio interno uno psicologo che non solo si occupi di ricerca e selezione, ma che si insinui come figura professionale in grado di rendere l’ambiente di lavoro un contesto sicuro dal punto di vista psicologico e di efficacia comunicativa.

Nuovi scenari lavorativi del Well-Being

Questi nuovi necessari scenari lavorativi hanno bisogno di professionisti catalizzatori del cambiamento: innovazione, strategia aziendale, lean production da un lato, well-being, inclusione sociale e benessere psicologico dall’altro.  

Le aziende devono essere progettate rispettando i sistemi su cui si basano le attività  quotidiane delle persone e la loro fisiologia. Le persone devono essere messe al centro del processo, coinvolte e motivate. Ecco perché lo psicologo in azienda potrebbe diventare il protagonista degli interventi di promozione del benessere in ambito organizzativo, ancora sottovalutato a causa di quella cultura naif che ne permea il ruolo. Gli strumenti a sua disposizione sono basati sulla ricerca scientifica e il progresso tecnologico: ne sono un esempio il Neurofeedback, il Biofeedback , gli interventi di Psicoterapia Cognitiva e le pratiche di mindfulness.

Bibliografia

  • “La bilancia dello stress", David Lazzari. Demetra.
  • “HRevolution. HR nell’epoca della social e digital transformation”, Alessandro Donadio. FrancoAngeli.
  • “Innovazione Lean. Strategie per valorizzare persone, prodotti e processi. Luciano Attolico. HOELPI.

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Dott.ssa Cristiana Pinta

Dott.ssa Cristiana Pinta

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