Martedì 16 Luglio 2024

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  • 14/6/2023

Orientamento di carriera: il lavoro ha urgente bisogno di spostare l'accento dai problemi alle soluzioni

Raccontare il lavoro come “qualcosa che non c’è” è una tendenza comune che scoraggia molti giovani ancora in cerca di un’occupazione. Il lavoro necessita di una narrazione costruttiva che metta in luce le nuove opportunità presenti sul mercato, offrendo soluzioni di cambiamento. Approfondimento a cura di Vito Verrastro, Orientatore Asnor, Direttore responsabile del Magazine l'Orientamento, Giornalista, Founder di Lavoradio.

Ci sono paradigmi ricorrenti che, in questo tempo di paradossi, diventano imperanti e si trasformano in pericolose verità, senza nessun filtro critico. Uno dei più comuni è: “La tecnologia ci sta rubando il lavoro”, quasi a farci prefigurare una imminente rivoluzione robotica ormai smentita dai più importanti centri di ricerca mondiali. Eppure il dibattito resta ancorato su quell’assunto che, di bocca in bocca, diventa verità. Come quel “Non c’è lavoro” che sento ripetere da anni, quando entro nelle classi di scuole superiori e Università, proprio da parte di chi dovrebbe guardare al futuro con curiosità ed entusiasmo, e invece si lascia schiacciare in un presente senza domani arrendendosi al pensiero comune.

Facile capire il perché: dall’ambiente, dalla famiglia, dai media, è facile assorbire messaggi di pessimismo e di disfattismo, in uno scenario transitorio in cui si sono persi molti dei punti di riferimento a cui eravamo abituati. Tutto si trasforma, e si finisce per assecondare la teoria che ci fa più comodo, perché regala alibi e scarica sull’esterno le cause di ciò che non va. Più facile lamentarsi, del resto, che assumere un nuovo senso di responsabilità che dovrebbe aiutare a sminare i luoghi comuni e iniziare a farci lavorare su noi stessi, per acquisire quelle competenze (soprattutto trasversali) che oggi premiano e ci fanno diventare appetibili, impiegabili.

Se qualcosa è davvero finito o sta finendo, è quel “posto fisso” di Zaloniana memoria che è ancora profondamente fissato nelle teste di ragazzi, genitori e adulti come traguardo a cui ambire, mentre si ignora (o si vuole ignorare) che la trasformazione del mondo del lavoro va verso un lento ma costante inaridimento del lavoro dipendente, a favore di una crescita di varie forme e contratti di collaborazione. Ecco perché dovremmo spostare l’asse (lessicale e concettuale) dal “posto” e dall’occupazione (concetti statici e obsoleti) al tema dell’occupabilità (employability), che definisce un percorso in continuo divenire, un viaggio tutt’altro che lineare.

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Da giornalista e operatore dell’informazione, da sempre critico rispetto alla tendenza mainstream di raccontare il lavoro come “qualcosa che non c’è”, dal 2012 con il podcast Lavoradio provo a ragionare in termini di giornalismo costruttivo: quello che non nega né sottovaluta i problemi ma parte da lì, analizzando e contestualizzando il processo e indicando delle soluzioni possibili. È una forma di narrazione che, dopo aver riportato i dati e riflettuto sui processi in atto si chiede “What now?”, Cosa possiamo fare? Questo approccio è fondamentale per uscire dal negativo e fornire ai cittadini uno spazio di esercizio del libero arbitrio, sottraendoli al ruolo di vittime passive delle notizie (che inducono frustrazione e senso di impotenza) e restituendo loro un potere: quello di fare la differenza attraverso delle scelte consapevoli.

È anche con l’informazione e la comunicazione costruttiva che si può spostare l’accento dai problemi alle soluzioni, riequilibrando la visione dell’opinione pubblica su un processo di grande trasformazione che vede la nascita di nuove professioni e l'abbandono di altre. Se si comprendesse che sono a rischio mestieri con scarso contenuto intellettuale, quelli che non prevedono un rapporto personale molto forte o quelli con una forte imprevedibilità, si accelererebbe sull’acquisizione di competenze soft (comunicazione efficacecuriositàspirito criticotendenza a risolvere problemicapacità di collaborazioneempatia) piuttosto che stare lì a lamentarsi di ciò che sta cambiando. Se si evidenziasse che quasi un milione di posizioni lavorative legate al digitale sono introvabili per inadeguatezza o ridotto numero di candidati, probabilmente si spingerebbe di più sulla formazione specialistica riguardo alle tecnologie robotiche, big data analytics, internet of things applicate ai processi aziendali. E così via.

Le ondate tecnologiche, che si sono sempre succedute nel corso della storia umana, continueranno ad imperversare: sta a noi decidere se rifiutarle o contrastarle (sulla base di princìpi ideologici), reagire ad esse o provare ad anticipare i cambiamenti, rafforzando il nostro processo di orientamento verso le opportunità nascenti. In questa transizione verso la nuova normalità non vince più chi è più veloce, ma chi ha più strumenti di conoscenza in grado di renderlo consapevole ed informato, uscendo dai luoghi comuni e dalle presunte “verità di gregge”.

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Dott. Vito Verrastro

Dott. Vito Verrastro

Orientatore Asnor, Direttore responsabile del Magazine l'Orientamento, Giornalista, Founder di Lavoradio.

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