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- 13/11/2025
Lo stato psicologico degli adulti disoccupati
Il contributo dell’orientamento nei percorsi di reinserimento. A cura di Alessia Paglia, Orientatrice Asnor, Consulente e Formatrice.
Chi sono i disoccupati
I disoccupati sono le persone che non hanno un’occupazione e/o che, specie quelli di lunga durata, in passato hanno lavorato, ma da un certo periodo in poi si sono trovati in una condizione di non lavoro.
Se la persona disoccupata potesse usufruire fin da subito di servizi orientativi mirati e di reinserimento lavorativo, anche le aziende ne trarrebbero vantaggio. Un periodo di disoccupazione contenuto, infatti, limita il rischio che le competenze e le preferenze professionali dell’ex lavoratore diventino obsolete.
Nella pratica orientativa, pertanto, gli operatori e le operatrici devono confrontarsi con la complessità del contesto sociale, tenendo conto delle numerose variabili che incidono sulla sfera psicologica individuale, sui valori, sulle rappresentazioni mentali legate al lavoro e sulle strategie di soluzione. Tra queste variabili, anche quelle di natura istituzionale, normativa e organizzativa giocano un ruolo tutt’altro che marginale.
Riferimenti normativi: uno scenario in evoluzione
Prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 181/2000, per “disoccupazione di lunga durata” si intendeva un periodo di inattività lavorativa non inferiore ai 24 mesi. Con il decreto, il termine è stato ridotto a 12 mesi. Le riforme attualmente in discussione tendono a comprimere ulteriormente questa soglia, arrivando a definire come “disoccupato” chiunque sia privo di impiego, a prescindere dalla durata.
Questi cambiamenti normativi, se da un lato semplificano l’accesso a determinati servizi, dall’altro incidono sulla percezione soggettiva della disoccupazione e sulle dinamiche psicologiche e sociali che la accompagnano.
Le reazioni psicologiche alla perdita del lavoro
La prima reazione al licenziamento è spesso un misto di stupore, offesa, paura e stress, soprattutto se si tratta di un’esperienza nuova per il lavoratore. In alcuni casi si manifestano sentimenti di indignazione o impulsi di rivalsa.
Successivamente, subentrano uno stato di torpore e un senso di apatia, che possono lasciare spazio a una fase di maggiore quiete psicologica e di attivazione. In questo stadio possono emergere speranza e motivazione alla ricerca di un nuovo impiego.
Tuttavia, se gli sforzi non portano a risultati concreti, si assiste a una regressione verso gli stati emotivi precedenti. L’autostima vacilla, la fiducia diminuisce e l’apatia torna a prevalere.
Disoccupazione: atteggiamenti e comportamenti a confronto
In chiave positiva, la perdita di un impiego può rappresentare una spinta al cambiamento, stimolando l’esplorazione di percorsi nuovi, interessi trascurati o risorse latenti.
In chiave negativa, invece, l’assenza di certezze può generare meccanismi difensivi, soluzioni estemporanee e comportamenti disfunzionali che compromettono l’identità e il ruolo sociale dell’individuo.
Il ruolo dell’orientamento: accompagnare, chiarire, sostenere
L’orientatore o l’orientatrice deve sapersi mantenere centrato, evitando di farsi travolgere dall’urgenza emotiva dell’utente. Il suo compito è di:
- valutare insieme alla persona i passi necessari da compiere per ricostruire un percorso professionale coerente, prima di definire un piano d’azione;
- esplicitare fin dall’inizio la durata del percorso orientativo e le sue fasi, proponendo un patto o contratto di collaborazione, che formalizzi l’impegno condiviso e favorisca la responsabilizzazione.
Per orientare efficacemente adulti disoccupati è fondamentale considerare la persona nella sua unicità, non come semplice rappresentante di una categoria. Ciò richiede servizi specialistici, personale qualificato e interventi capaci di sostenere un autentico processo di “traghettamento” verso il reinserimento.
Prevenzione e orientamento precoce: agire prima della crisi
Oltre a intervenire nei casi di disoccupazione già in atto, è auspicabile lavorare sul significato del lavoro già in ambito scolastico. Attraverso azioni educative e programmi di socializzazione al lavoro, è possibile sviluppare capacità e risorse personali da attivare nei momenti critici, facilitando così transizioni più consapevoli e meno traumatiche.
Letture consigliate
- Mancinelli M.R., Il colloquio come strumento d’orientamento, Franco Angeli, Roma, 2015
- Mancinelli M.R., L’orientamento come promozione all’inserimento occupazionale, Vita e Pensiero, Milano, 2003








