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- 30/7/2024
Quali sono i contesti e il futuro dell'orientamento
Quando qualcuno afferma “Sono un Orientatore” e poi gli si chiede cosa sia l’orientamento, molto probabilmente si troverà in difficoltà ad esprimere ciò di cui si occupa. Perché questa difficoltà? Probabilmente perché l’orientamento può essere considerato come una vera e propria disciplina e non una semplice attività. Oggi, inoltre, i professionisti che si occupano di orientamento operano in specifici ambiti che richiedono la definizione di determinate modalità di intervento. A cura di Dario Madeddu, Orientatore Asnor.
Come misuriamo l’efficacia dell’orientamento
Un percorso e un intervento di orientamento non sono misurabili in efficacia sulla base del fatto che una persona riesca a trovare un lavoro o sulla base di una scelta in merito al percorso di istruzione o di formazione frequentare.
Un’attività di orientamento è efficace se porta la persona ad essere consapevole del perché si sia trovata in una determinata condizione in un dato momento della sua vita e a essere consapevole delle azioni congrue che può compiere per uscire da quella situazione e non trovarsi nuovamente in futuro nella stessa condizione o per diminuire in futuro gli effetti negativi che il ritrovarsi in quella situazione, anche per cause indipendenti dalla sua volontà, può comportare.
È proprio per questi motivi che l’Unione Europea sostiene che oggi si debba parlare di orientamento lungo tutto l’arco della vita e ha sancito che l’orientamento è un diritto che tutti i cittadini europei devono poter esercitare perché forma le persone a vivere pienamente e consapevolmente nella società continuando ad apprendere lungo tutto l’arco della loro vita.
Tutto ciò, quindi, ci conduce a sostenere in via definitiva che l’attività di orientamento sia fondamentalmente un’attività che forma la persona perché acquisisca consapevolezza e gli strumenti che gli occorrono per agire consapevolmente e in modo efficace, superando i differenti problemi orientativi che attraversa o può attraversare nel corso della sua vita. Tutto ciò, però, ci porta anche a sostenere che oggi un Orientatore non possa essere quel maghetto o quella streghetta in grado di intervenire sempre e comunque di fronte a qualsiasi problema orientativo gli venga presentato.
Differenti problemi orientativi possono richiedere una expertise differente e specializzazioni differenti.
Un orientatore, quindi, potrebbe non andare bene per qualsiasi caso. Ogni Orientatore si specializza in alcune tipologie di problemi orientativi o sui particolari problemi che accomunano alcune tipologie di utenti/clienti.
I contesti dell’orientamento e il suo futuro
Proprio perché l’orientamento è fondamentale per un miglioramento del mercato del lavoro e per far sì che le persone da una condizione di inattività prendano la decisione di riprendere a muoversi attivamente e con più consapevolezza, viene spesso offerto e finanziato con risorse pubbliche.
In Italia, sempre con più frequenza, da circa vent’anni, le attività di orientamento accompagnano gli interventi delle politiche attive, cioè di quelle politiche che mirano a riattivare positivamente le persone nel mercato del lavoro. Il problema è che una politica attiva, alla quale sottostà un finanziamento pubblico, o altrimenti un’attività svolta con tempi contingentati ad esempio in un Centro per l’Impiego, per essere monitorata e valutata correttamente (anche ai fini dell’impegno e della spesa delle risorse) necessita di standardizzazioni che poco si confanno a una attività che per sua stessa natura è difficilmente standardizzabile. Persino sugli stessi territori.
Le variabili in gioco sono talmente ampie che è difficile poter stabilire che tutti gli interventi di orientamento per persone che hanno alcune caratteristiche simili possano essere standardizzati, temporizzati e misurabili con un risultato concreto.
Tutto ciò, però, nulla toglie alla validità della disciplina e degli interventi di orientamento che vengono svolti sulle politiche attive. Anzi, restituisce all’orientamento un ruolo centrale e un’importanza fondamentale che forse, come argomento di discussione e di intervento, pongono in luce un futuro e trasversale ragionamento sui percorsi di formazione specialistica che gli Orientatori dovrebbero svolgere e sulle competenze che dovrebbero possedere.
Il focus sulla qualità delle modalità di intervento non può prescindere dalla professionalità e dalla preparazione del professionista che eroga l’intervento.
La psicologia, per esempio, scienza sociale la cui validità pochi mettono ancora in discussione – così come è giusto che sia – non ha assunto lo stesso ruolo fondante e fondamentale nelle politiche attive. Non è neppure, se non in poche nazioni e se non di recente, oggetto di interventi finanziati dal pubblico a livello generale e universale per l’intera cittadinanza.
Conclusioni
Da Orientatori, compresa l’importanza del ruolo che la nostra professione sta assumendo e l’importanza che a quel ruolo le politiche universalmente danno, dovremo in futuro concentrarci maggiormente sulla definizione di modalità di intervento più che sugli standard delle modalità di erogazione.
Ritengo che questo sia il punto nodale sul quale anche oggi come Orientatori Asnor ci stiamo concentrando, perché ogni occasione possa essere una prima base utile per gli Orientatori per discutere sulle differenti e possibili modalità di intervento.
In fondo, per una disciplina fondamentale ma relativamente giovane come l’orientamento, ogni caso pratico presentato nelle sue modalità di intervento messe in atto è utile per il suo il futuro.