Giovedì 26 Dicembre 2024

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  • 21/6/2023

Mismatching: l'orientamento come soluzione alla distanza tra domanda e offerta di lavoro

Lo sviluppo delle nuove competenze è un tema ampiamente dibattuto e sempre più sentito dalle aziende che sono costantemente impegnate a cogliere le opportunità offerte dal mercato del lavoro in continua evoluzione. Il motivo è semplice: colmare la distanza (o gap) tra domanda e offerta di profili professionali. Fenomeno, questo, che si presenta sotto il nome di mismatching e che si delinea come elemento strutturale del mercato del lavoro. A cura di Luca Arlotto, Orientatore Asnor.

Ciò è tanto vero soprattutto in uno scenario posto sotto l’égida della trasformazione digitale che impone, senza dubbio, una nuova semantica e nuove modalità di approccio.

Non è un caso, infatti, che l’introduzione di nuove tecnologie e la conseguente rinnovata fisionomia dei processi produttivi e di erogazione dei servizi abbiano cambiato, di fatto, i modelli aziendali e di business. Per questo, anche la richiesta di nuove menti preparate richiede uno sforzo culturale nel trattare il fenomeno del mismatchingnon tanto dal punto di vista emergenziale quanto attraverso la dimensione della formazione continua e dell’orientamento.

Scopriamo cosa si intende per mismatching, le dimensioni del fenomeno in esame e le possibili soluzioni per sanare la distanza, spesso siderale, tra domanda e offerta di lavoro.

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Le varie forme del mismatching

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un vertiginoso aumento della disoccupazione direttamente proporzionale all’aumento del numero dei posti vacanti.
Fenomeno conosciuto come mismatch tra domanda e offerta di lavoro.

Per mismatch si intende la discrepanza tra hard e soft skills ricercate dai datori di lavoro e le competenze e abilità effettivamente possedute dai candidati. Il mismatch è un fenomeno complesso e multidimensionale perché interessa diverse categorie:

  • i lavoratori attuali e quelli inattivi, cioè le giovani generazioni che saranno i futuri lavoratori;
  • le aziende, le figure che operano nell’ambito delle risorse umane e in generale del mondo del lavoro.

Esistono diverse ragioni per cui spesso domanda ed offerta faticano ad incrociarsi.
Una dimensione di mismatch è quella territoriale che è riferita alla disponibilità dei candidati alla mobilità sul territorio.

Il cosiddetto mismatch salariale che, per l’appunto, concerne la retribuzione attuale, la desiderata ed eventuali benefit. Se, invece, il divario attiene all’inquadramento si parla di mismatch contrattuale o agreement mismatch.

Altre dimensioni di mismatching, utili per leggere con attenzione le problematiche concernenti il mercato del lavoro, sono quelle relative alla caratteristiche ricercate dalle aziende nell’ambito del recruiting o, anche, alle modalità di selezione e reclutamento, il cosiddetto sourcing mismatch.

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Lo skill mismatch

Secondo gli studi, tra le varie forme di asimmetria domanda-offerta fin qui definite, la principale è quella delle competenze. In generale, il mismatch italiano è, per lo più, legato alla mancanza di competenze, il cosiddetto skill-mismatch.

Esso ha a che fare con la sfera personale: le proprietà e le attitudini individuali di una risorsa sono reputate poco idonee alle attività previste da una determinata mansione o, più in generale, all’ambito lavorativo di riferimento.

Lo skill mismatch si lega, poi all’educational o qualification mismatch: la difficoltà di incontro domanda - offerta è legata, in questo caso, al tipo di percorso formativo, qualifica o specializzazione.
Più in particolare, la non convergenza in questo senso può essere di due tipi:

1. orizzontale: quando le skills possedute sono pertinenti rispetto a quelle richieste dal lavoro, però per tipologia/contenuti risultano essere non congrue per il posto;
2. verticale: quando le professionalità possedute sono disomogenee rispetto a quelle ricercate.

Tale sbilanciamento può assumere segno negativo quando i candidati hanno competenze inferiori (underskilled) rispetto a quelle richieste dalle aziende, o segno positivo quando le competenze professionali dei candidati superano (overskilled) quelle previste dalla posizione da ricoprire.

Sempre a proposito delle skills, lo scollamento si verifica anche a causa di una vera e propria obsolescenza delle competenze. Negli ultimi anni, infatti, stanno nascendo nuovi lavori e quelli esistenti si stanno evolvendo assumendo caratteristiche inedite.

Conclusioni: la formazione aziendale e l’orientamento come soluzione

Secondo le stime, nei prossimi cinque anni ci saranno 60 milioni di nuovi posti di lavori che ancora oggi non esistono. È facilmente intuibile che questi lavori richiederanno competenze e qualifiche che fino a qualche anno fa non esistevano neppure. Ecco perché, di fronte ad un mondo produttivo che sempre più si muove sui ritmi veloci del cambiamento, per evitare il rischio che il gap domanda-offerta di lavoro si allarghi maggiormente, è indispensabile saper orientare aziende e risorse umane, al contempo, scegliendo la direzione più utile e percorribile.

Il convincimento è che siano necessari percorsi formativi qualificati e specializzanti in cui le aziende siano compartecipi. Le aziende, infatti, saranno investite di un compito sostanziale: formare le risorse adeguandole ai profili richiesti. In buona sostanza ad esse è affidato il compito di trasferire il ‘saper fare’. Le risorse umane avranno la possibilità di scegliere il proprio percorso formativo e, di conseguenza, professionale in base alle proprie competenze, attitudini e propensioni.

Formazione e orientamento, in questo senso, giocano un ruolo fondamentale per alimentare nuove competenze allineandole alle necessità del mercato del lavoro e incrociando, di fatto, risorse umane disposte a riqualificarsi e a recuperare skills nuove e maggiormente specializzate.

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