Sabato 27 Luglio 2024

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  • 27/1/2023

L'orientamento di carriera con il Metodo LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP)

Il metodo LSP è un metodo di grande impatto e coinvolgimento che utilizza i più famosi mattoncini del mondo (i LEGO®) per favorire i processi di esplorazione e consapevolezza delle persone, sostenendo un percorso di orientamento professionale o di studio. Approfondimento a cura di Giorgio Beltrami, docente accreditato Project Management, facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY® e membro del Comitato Tecnico Scientifico di Asnor.

Il Metodo LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP) nel processo di orientamento

Diverse volte mi è stato chiesto di supportare il processo di orientamento o una sua fase utilizzando il metodo LEGO® SERIOUS PLAY® (LSP).

Il metodo LSP è un metodo di grande impatto e coinvolgimento che, utilizzando i più famosi mattoncini del mondo (i mattoncini LEGO®, appunto), favorisce processi di esplorazione e consapevolezza sia a livello individuale che di gruppo. 

Maria Montessori affermava che le mani sono l’organo dell’intelligenza: infatti, costruire è pensare.
Lo stesso Seymour Papert aveva verificato che, quando costruiamo qualcosa al di fuori di noi, l’apprendimento avviene meglio, garantendo alle persone di assumere un ruolo proattivo rispetto al processo di apprendimento.

Il processo di orientamento non può che essere un percorso che vede il pieno e totale coinvolgimento della persona da orientare. Diversamente il rischio è che qualcuno si sostituisce alla persona nel prendere le decisioni che riguardano il suo futuro.

Il metodo LSP è un metodo di facilitazione e non di formazione: in tal senso prevede la presenza di un facilitatore che mette sul tavolo domande sfidanti (powerful questions) e non soluzioni. Le soluzioni nascono dalle risposte elaborate dai partecipanti, che prendono vita in modelli tridimensionali costruiti con i materiali LEGO®.  

Ma per ottenere questo risultato è importante costruire un setting adeguato di regole che consentano alle persone di sentirsi a loro agio e di affrontare la sfida della esplorazione di sé, delle proprie ambizioni, aspettative, capacità, debolezze etc. 

Un setting che si sviluppa attraverso le attività iniziali chiamate “skills building”: la costruzione di modelli semplici come una torre, di una metafora e di una storia, aiutano i partecipanti a prendere confidenza con il metodo, con gli strumenti ma soprattutto con il mood del metodo LSP: non ci sono risposte giuste o sbagliate a priori, ma ci sono le tue risposte: uniche ed originali come unici ed originali siamo tutti noi.

Dopo le attività di skills bulding si procede con il workshop, partendo sempre da attività individuali che, eventualmente e solo in un secondo momento, possono sfociare in attività di gruppo.

Alcuni casi di orientamento con il metodo LSP

Durante un’attività di orientamento svolto per il servizio di placement di una università del nord-est, la domanda chiave posta ai partecipanti riguardava come si percepissero rispetto alle esigenze e alle dinamiche del mercato del lavoro. Individuato il gap era poi possibile procedere con un piano di azione.

Sempre per il servizio placement di una università milanese, invece, la sfida era quella di esplorare la propria identità (valori, principi, aspirazioni, skills…) al fine di verificare la coerenza con le opportunità formative offerte dall’università, per uno studente al termine della triennale.

Per un IFTS, invece, il workshop era finalizzato ad esplorare il grado di coerenza e consapevolezza personale rispetto al profilo tecnico professionale a cui il corso preparava. Individuate alcune aree di gap si è poi proceduto alla definizione di un piano di azione personalizzato.

Sono solo tre esempi, di tanti, in cui attraverso il metodo LSP è stato possibile sostenere, supportare e integrare un processo di orientamento professionale e di studio mirando a creare un setting sereno, ludico e divertente in cui mettersi in gioco fino in fondo.

Concludo ricordando la testimonianza di una ragazza coinvolta in una delle esperienze descritte prima brevemente. All’inizio del workshop LSP mi disse “prof., io non ho fantasia…ieri, durante un colloquio, mi hanno chiesto di disegnare come mi vedo in un futuro lavorativo, ma dopo qualche scarabocchio mi sono arresa: io non so disegnare”. Durante il workshop la stessa ragazza non finiva mai di costruire.

Perché questo?
Perché il disegno o la scrittura ci costringono a mettere in campo abilità rispetto alle quale pensiamo di essere inadeguati e che ci mettono in difficoltà con gli altri. Usare mattoncini e elementi LEGO® già fatti, e che richiedono solo di essere assemblati, abbassa il livello di stress, consente di concentrarsi sul contenuto e non sul processo di realizzazioni o sulla qualità estetica del risultato. 

Inoltre, il creare metafore in 3D (e quindi storie) aiuta a parlare di sé attraverso un artefatto che filtra e media: certo sto parlando di me, ma lo faccio raccontando un modello che è esterno a me. Anche questo aspetto rassicura, rasserena e aiuta ad aprirsi.

Bibliografia

  • Beltrami Giorgio, “LEGO SERIOUS PLAY: pensare con le mani”, Franco Angeli 
  • Per Kristiansen, “Il metodo LEGO SERIOUS PLAY per il business”, Franco Angeli 

In questo articolo si parla di

Giorgio Beltrami

Giorgio Beltrami

Docente accreditato Project Management, Facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY®

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