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- 25/6/2020
Cyberbullismo in crescita secondo l'ultimo rapporto Unicef
Un sondaggio promosso dall'Unicef ha chiesto a 170 mila ragazzi di 30 paesi diversi come vivono il problema del bullismo online e chi ha il compito, secondo loro, di affrontare ed eliminare il problema. I risultati fotografano una situazione in continua evoluzione, su cui bisogna agire al più presto. L'era digitale ha cambiato profondamente le dinamiche del gruppo classe. Oggi la scuola non termina più con l'uscita degli alunni dall'aula; avere "classi connesse", infatti, significa anche che l'ambiente in cui si sviluppano le relazioni tra gli studenti non è più solamente quello dell'orario scolastico. Una volta usciti da scuola, i ragazzi restano connessi tra loro sui social network, o tramite le applicazioni di messaggistica istantanea come Whatsapp. La vita offline si confonde allora con quella online. Proprio in questi luoghi virtuali, sempre più importanti per i giovani, avviene un fenomeno preoccupante come il cyberbullismo, ovvero il bullismo online.
Il cyberbullismo nel rapporto Unicef: la realtà di un fenomeno in evoluzione
Un recentissimo studio realizzato dall'Unicef, in collaborazione con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro i Bambini, ha coinvolto in un sondaggio oltre 170 mila ragazzi tra i 13 e i 24 anni, provenienti da 30 paesi diversi: Albania, Bangladesh, Belize, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Equador, Francia, Gambia, Ghana, Giamaica, India, Indonesia, Iraq, Kosovo, Liberia, Malawi, Malesia, Mali, Moldavia, Montenegro, Myanmar, Nigeria, Romania, Sierra Leone, Trinidad e Tobago, Ucraina, Vietnam e Zimbabwe. Dalle risposte fornite dai giovani sono uscite fuori importanti conclusioni sulla realtà in continua evoluzione del bullismo online. Il coinvolgimento dei giovani ha permesso prima di tutto di individuare i social network(tra cui Facebook, Instagram, Snapchat e Twitter) come i luoghi dove atti di violenza e prevaricazione avvengono più comunemente. I risultati dell'inchiesta dimostrano anche che, a differenza di quello che si crede erroneamente, il bullismo in rete non è una problematica che riguarda esclusivamente le società con un alto reddito pro capite. Anzi, dal sondaggio è uscito fuori un dato nettamente in controtendenza con questa opinione generale. Tra i giovani dell'Africa Subshariana, infatti, ben il 34% ha affermato di essere stato vittima almeno una volta di atti di bullismo sul web.
Più di un terzo dei giovani è vittima di cyberbullismo
Un altro degli elementi è la dimensione del problema per la fascia di età coinvolta nel sondaggio. Più di un giovane su tre ha dichiarato infatti di essere stato vittima di cyberbullismo, mentre un ragazzo su cinque ha risposto di aver dovuto saltare almeno un giorno di scuola a causa di questo tipo di comportamenti violenti online. Sono dati che fanno seriamente preoccupare per il dilagare della problematica e per il peso che ha nella vita scolastica dei ragazzi. Come ha spiegato la Direttrice generale dell'UNICEF, Henrietta Fore: "in tutto il mondo, i giovani – sia nei paesi ad alto che a basso reddito – ci stanno dicendo che sono stati bullizzati online, che ciò sta colpendo la loro istruzione e che vogliono che finisca. Nell'anno del trentesimo anniversario della Convenzione sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, dobbiamo assicurarci che i diritti dei bambini siano in prima linea nella sicurezza digitale e nelle politiche di protezione".
Le soluzioni contro il cyberbullismo, quello che pensano i ragazzi e le proposte di Unicef
Alla domanda su chi credono debba trovare una soluzione al problema, i ragazzi hanno risposto in maniera diversa. Il 32% di loro crede che siano i governi a dover mettere fine al cyberbullismo; il 31% indica invece i giovani stessi come protagonisti del cambiamento; infine il 29% considera responsabili le società private provider dei servizi internet. Le risposte dei ragazzi danno l'idea della complessità del problema, cui soluzione richiede sicuramente un approccio multidimensionale in grado di includere i diversi attori istituzionali, privati e sociali indicati dai ragazzi. In questo senso, le proposte di Unicef e dei partner che partecipano alla campagna globale contro il cyberbullismo si concentrano su alcune linee di lavoro ben definite:
- Attuazione di politiche specifiche per proteggere i giovani dal bullismo e dal cyberbullismo.
- Creazione di help line nei diversi paesi per aiutare i giovani bullizzati online.
- Un cambio di passo nelle pratiche e nelle politiche etiche dei social network, con una maggiore attenzione nella raccolta dei dati inerenti al problema.
- Una più attenta analisi dei dati sui comportamenti online dei giovani che serva come base per dare indicazioni concrete ai policy maker.
- Una formazione specializzata a insegnanti e genitori, per prevenire e intervenire sul cyberbullismo a partire dai gruppi più vulnerabili.
Per quanto riguarda l'Italia, Unicef ha elaborato per le scuole un kit didattico interamente dedicato al bullismo online. Questo kit, intitolato "Non perdiamoci di vista", propone percorsi educativi specifici orientati principalmente alla consapevolizzazione e responsabilizzazione dei ragazzi. Insieme all'associazione CamMiNo, Unicef ha anche inoltre ha avviato il progetto "Legalità", che ha l'obiettivo, tra le altre cose, di informare gli alunni sugli aspetti giuridici, pedagogici e psicologici del cyberbullismo.