Martedì 16 Luglio 2024

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  • 17/2/2023

L'inclusione scolastica degli alunni con disabilità

L’inclusione scolastica degli alunni disabili è un elemento fondante della scuola, oltre che un principio stabilito dalla Costituzione italiana. Negli ultimi decenni si sono fatti significativi passi in avanti dal punto di vista dell’organizzazione normativa e della didattica inclusiva, tuttavia ci sono vari punti critici fotografati dall’Istat e il lavoro da fare per una scuola veramente inclusiva è ancora tanto.

L’inclusione scolastica come principio costituzionale e pilastro della scuola italiana

L’inclusione scolastica non è solamente un elemento fondamentale della scuola italiana, ma anche un principio centrale della Costituzione. L’articolo 34 della carta costituzionale italiana garantisce, infatti, il diritto allo studio, mentre l’articolo 3 coniuga questo diritto con il principio di uguaglianza: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali dinanzi alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Infine, l’articolo 38 della Costituzione tratta esplicitamente del diritto allo studio delle persone con disabilità, affermando nello specifico che «gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale». 

È a partire da questa impostazione inclusiva e solidaristica, che guida tutto l’impianto e lo sviluppo della società dalla costituzione della Repubblica, che la pedagogia della scuola italiana mette al centro l’inclusione degli alunni con disabilità. Ovviamente, così come negli altri ambiti della società, il processo si è sviluppato attraverso tappe storiche, che ne hanno segnato in maniera significativa l’evoluzione, non solo da un punto di vista normativo. In questo senso, è stato fondamentale il superamento istituzionale delle scuole speciali e delle classi differenziali. Con la legge 118/71 e la successiva 517/77 sul tema, si è infatti in parte risolto il problema della marginalizzazione per gli alunni disabili e, di conseguenza, si è predisposta l’organizzazione per garantire l’inclusione scolastica all’interno delle “classi normali”.

Il passaggio successivo si è concretizzato con la “Legge Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, che è diventata sicuramente il punto di riferimento normativo per l’inclusione scolastica delle persone disabili. In sintesi, il principio caratterizzante dell’oramai famosa legge 104del 1992 consiste nell’obbligo da parte dello Stato di rimuovere qualsiasi tipo di impedimento che possa limitare il potenziale di sviluppo della persona con disabilità. Si stabilisce così un atteggiamento di particolare attenzione e di cura educativa che ha trasformato tutto l’ambiente educativo e l’istituzione scolastica in generale.

Le linee guida per l’integrazione degli alunni con disabilità

Nel 2009 vengono poi trasmesse dal Miur le “Linee Guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”. Si tratta di un documento normativo con un forte impatto sui criteri organizzativi dell’inclusione,  che per certi versi può quindi rappresentare un vero e proprio spartiacque nell’evoluzione dell’integrazione scolastica in Italia.

Dal punto di vista dell’approccio al tema della disabilità, in sintesi, si prende a riferimento il modello del International Classification of Functioning (ICF) elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001. Si adotta quindi un approccio di tipo “ecologico”, ovvero che dà primaria importanza ai fattori contestuali e relazionali; la disabilità viene ad essere il risultato dell’interazione tra la condizione di salute di una persona e il contesto in cui si muove, che è conformato da fattori ambientali e fattori personali. La prima parte del documento ripercorre quindi l’inclusione scolastica italiana per introdurre il concetto di contesto come risorsa.

Nella seconda parte delle Linee Guida, invece, si tocca il tema dell’organizzazione, collocando l’inclusione scolastica all’interno del processo di decentramento. Si insiste quindi sull’importanza di piani di lavoro locali e provinciali, della collaborazione tra istituti scolastici ed enti locali e sulla necessità di fare rete tra scuole nel territorio.

Il ruolo inclusivo che deve avere la scuola viene invece trattato in maniera approfondita e dettagliata nella terza e ultima parte. In primo luogo, si definisce l’autonomia amministrativa delle scuole in una dimensione di subordinazione ai principi normativi vigenti sul tema dell’integrazione scolastica. Una funzione strategica spetta al Dirigente Scolastico, che però deve attuare in un’ottica di corresponsabilità con tutto il gruppo classe. A tal proposito, le Linee Guida chiariscono che il professore di sostegno non deve essere visto come l’unica figura a cui viene delegata l’inclusione delle persone con disabilità. Al contrario, sono tutti i docenti a dover prendere in carico il processo di insegnamento-apprendimento e di valutazione delle persone con disabilità.  Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) diventa quindi il documento di riferimento in cui tutto il progetto educativo viene organizzato e calibrato in base alle esigenze dello studente.

Tra i soggetti coinvolti nella stesura del PEI, oltre ai docenti della classe, all’insegnante di sostegno e alle strutture sanitarie che seguono lo studente, c’è anche la famiglia. Infatti, nel processo d’integrazione in generale, viene assegnata una inedita centralità al coinvolgimento della famiglia del ragazzo. Questo è sicuramente l’ultimo -ma non meno importante- aspetto trattato nel documento riguardo il tema dell’inclusione scolastica.

La situazione attuale degli alunni con disabilità nella scuola italiana

L’ultimo report sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità è stato pubblicato dall’Istat a febbraio di quest’anno e fotografa una situazione in cui ci sono ancora molti passi in avanti da compiere. Gli alunni con disabilità che frequentano le scuole sono ancora in crescita (poco più del 3% rispetto al totale), questo soprattutto a causa di un accesso più facile alle certificazioni e di una maggiore riconoscibilità rispetto al passato. Al 59% di loro ancora non viene garantita una continuità didattica, mentre il 66% non partecipa alle gite con pernottamento.

Per quanto riguarda il divario tra Nord e Sud del paese, mentre nelle regioni settentrionali la media di assistenza settimanale è pari a circa 12 ore, al Sud scende di ben due ore. In generale, nel Mezzogiorno gli strumenti didattici a supporto degli alunni sono ancora insufficienti e ci sono pochi assistenti all’autonomia.

A livello nazionale, lo studio conferma l’importanza della relazione con il gruppo classe: i rapporti con i coetanei e i compagni di scuola sono infatti una risorsa decisiva per l’inclusione. Per questo, è fondamentale risolvere i problemi legati alla partecipazione degli alunni con disabilità ad attività didattiche extra-scolastiche. Altri punti critici sono:

  • la discontinuità del rapporto tra alunno e insegnante di sostegno, a causa dei troppo cambi di insegnante che avvengono durante il ciclo scolastico;
  • la loro insufficienza e scarsa formazione specializzata;
  • la carenza dal punto di vista dell’implementazione delle tecnologie informatiche;
  • infine, le troppe barriere architettoniche ancora presenti nelle scuole italiane. 

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