Venerdì 14 Novembre 2025

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  • 14/11/2025

Reelaunchers | Puntata 4: Intervista a Luna Todaro

In questo quarto episodio di Reelaunchers, la rubrica di video interviste di Asnor dedicata alle storie di ripartenza professionale, Endrina Brito – Orientatrice Asnor, Coach e Consulente – incontra Luna Todaro, Ricercatrice, Cultural Manager, Direttrice del CTS di Quasar Institute for Advanced Design.

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E.B - Ciao a tutti e bentornati per il nostro nuovo episodio di Reelaunchers. Qui, subito inquadrata, abbiamo la nostra ospite Luna Todaro. Ciao Luna.

L.T. - Ciao, ciao e grazie mille per l'invito.

E.B - Luna è una millennial, è assolutamente piena di interessi perché Luna è ricercatrice, è un'artista, è una cultural manager. Inoltre, è un'appassionatissima di arte, culture visive e in più anche di artigianato.

L.T. - Sono molto onorata.

E.B- Bene, allora io partirei subito a questo punto con la prima domanda ma faccio un recap per coloro che, diciamo, si collegano oggi. Quindi, si tratta questa rubrica Reelaunchers, dove noi di Asnor proponiamo storie vere di persone che, come me, l'avete visto nel primo episodio, si sono rilanciate o anche reinventate o hanno intenzione di cambiare qualcosa nella loro carriera. Allora Luna, parto appunto con la prima domanda chiedendoti, da quale settore provieni e quale è stato il tuo percorso formativo?

L.T. - Sì, grazie. Allora, è sempre complicato riassumere un percorso formativo o comunque rispondere a questa domanda essendo io stata creativa sin da piccola, quindi mi sono occupata di arte e artigianato sin dalla primissima infanzia. A livello strutturato, quindi di studi strutturati, io sono una storica dell'arte, specializzata in arte contemporanea, mi sono laureata ormai tanti anni fa al Dipartimento Giulio Carlo Argan della Sapienza e lì, tra l'altro, ho portato avanti delle ricerche che poi hanno confluito all'interno di un libro che ho pubblicato per Palombi Editore nel 2011, che raccoglieva alcune delle mie ricerche appunto effettuate durante il periodo universitario, ed è un saggio appunto critico tra arte moderna e arte contemporanea. Si chiama, per chi volesse leggerlo, "Arte metafisica e Wunderkammer". Quindi io parto, diciamo, il mio percorso, parte proprio come ricercatrice storica dell'arte.

E.B - Interessante, molto interessante. Anche insomma, bello complesso. Quindi questa vena artistica, abbiamo capito, come spesso diciamo, c'era già dall'infanzia, no?

L.T. - Sì, assolutamente. Ho sempre visto le potenziali connessioni e non le separazioni tra arti, mestieri e saperi culturali a trecentosessanta gradi. Quindi sono fortemente convinta che la conoscenza e la curiosità siano innate nell'uomo e siano quindi un qualcosa che non ha confini. Si può essere creativi cucinando, lavorando la ceramica, scrivendo un saggio, cantando una canzone, suonando uno strumento, ma anche facendo finanza.

Quindi credo davvero che il goal sia la fusione, la trasversalità, la multidisciplinarietà ed è una cosa che cerco poi di applicare nel mio lavoro quotidiano, sia come docente che come ricercatrice e chiaramente anche come artista/artigiana, non so mai come definirmi, insomma.

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E.B - Se c'è stata nel tuo percorso, nella tua carriera, un qualsiasi tipo di interruzione o crisi nel senso di legata ad una scelta, che tipo di impatto ha avuto sulla tua carriera?

L.T. - Allora, partendo proprio dagli albori, visto che stiamo un po' raccontando la mia storia da sempre, sicuramente una cosa che ho interrotto e che poi mi è dispiaciuto anche se ero molto giovane e-e forse non posso parlare ancora di carriera, era unna mia diciamo attività da performer/attrice che avevo iniziato a fare all'epoca del liceo con peraltro buoni successi sempre all'interno del-del contesto scolastico però ricevetti molti complimenti, tanti incitamenti da parte dei miei docenti di poi sviluppare no questo tipo di lavoro sul teatro, sulla recitazione. Quella è una cosa che io ho interrotto bruscamente senza realmente un motivo specifico peraltro. Un po' per il lavoro, l'università, la vita che comunque cambiava e devo dire che quello mi è un po' dispiaciuto perché magari sarebbe stato un filoneee che mi avrebbe portato a fare nuove esperienze, nuove a conoscere nuovi mondi. Quindi quella sicuramente è stata un'interruzione. Adesso, la cosa che sto vivendo di più, più che interruzione è un'evoluzione, perché io da appunto ex manager generale diQuasar Institute for Advanced Design, ruolo che ho ricoperto per circa diciassette anni, ora mi trovo a lavorare esclusivamente sulla parte culturale dell'accademia, quindi sui progetti, sullo sviluppo di nuove idee, nuovi corsi e, ancora di più nella parte culturale e scientifica, cosa che chiaramente mi rende estremamente fiera e orgogliosa.

Sicuramente è un qualcosa di diverso rispetto a quello che ho fatto fino ad aprile. Quindi è una evoluzione, un cambiamento di pelle recentissimo di cui sono chiaramente entusiasta, e che ha ovviamente, come tutti i cambiamenti, le sue, no? I suoi momenti di difficoltà, di ri-ambientamento rispetto a un nuovo tipo di lavoro. Quindi sono contenta, al tempo stesso mi sento che sto cambiando, mi sto evolvendo, ecco.

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E.B - No, io ti ringrazio per aver fatto questo passaggio anche sulle difficoltà perché è quello – il messaggio - che noi vogliamo passare, e il senso anche di questa rubrica, che ogni cambiamento richiede necessariamente qualche sacrificio, qualche sforzo, quindi niente purtroppo viene per caso, nel senso che niente viene regalato, ecco in questo senso. Quindi grazie per questo passaggio importantissimo.

L.T. - Eh, grazie a voi per l'opportunità di parlarne, perché in realtà anche parlare di questi momenti delicati di passaggio non è scontato, non è facile, non è facile nel privato, figuriamoci in un contesto pubblico, no? In cui comunque si parla a un pubblico potenzialmente infinito di persone, raccontando e aprendosi eh nel profondo. Quindi è una cosa che apprezzo particolarmente.

 Tra l'altro, una delle mie opere di qualche anno fa, quando mi occupavo principalmente di incisione, è proprio sull'evoluzione di una farfalla, dallo stato di larva, poi pupa, per poi diventare farfalla, no?

Quindi credo che già nel mondo della natura l'evoluzione non si focalizza sul discorso di quanto sia delicato o magari difficile un momento di evoluzione, ma è semplicemente nelle cose. Quindi, essendo nelle cose della natura, si accetta, no? Perché fa parte proprio di questo ciclo. E noi esseri umani siamo sempre più complessi dal punto di vista mentale e andiamo, no, a lavorare su tutta una serie di tematiche, su tutta una serie di aspetti che invece forse potremmo accogliere e farci in qualche modo attraversare dal cambiamento.

E mi rendo conto che è difficile perché siamo esseri molto mentali e quindi ci poniamo un sacco di domande, ci facciamo a volte anche sopraffare dalla paura.

Cioè, ce la farò in questo nuovo mondo, in questa nuova versione di me?

Riuscirò ad essere all'altezza della mia nuova me, diciamo così. Invece, la natura ci insegna che un albero non ha paura di crescere, di far spuntare nuovi rami o anche di perdere alcuni rami che si rinsecchiscono, ma poi danno spazio a quella foglia verde, a quella linfa nuova, no? Nella natura è tutto così, come deve andare, invece noi siamo sempre un po' impauriti alla ricerca del nostro equilibrio. Quindi questa cosa è affascinante. Io mi ispiro molto alla natura per trovare quella resilienza che credo serva tantissimo, soprattutto in questi tempi che viviamo.

E.B - Fantastico. E poi dal mio punto di vista di coach hai già toccato due o tre competenze trasversali: creatività, da che siamo partite, resilienza e comunque cambiamento.

L.T. - Certo, certo. Noi cambiamo ogni istante la nostra vita. Ci sono cellule che muoiono e nuove cellule che si riformano senza che noi neanche ce ne accorgiamo. Il nostro corpo ha una quantità di automatismi come il respiro, come il battito cardiaco che noi non-non controlliamo, spesso neanche sentiamo o vediamo, su cui abbiamo anche poco eh, poco potere decisionale, eppure sono quelli che letteralmente ci tengono in vita, no? Quindi quando pensiamo a questo, secondo me dobbiamo davvero abbandonarci alla natura, abbandonarci anche all'osservazione della saggezza silenziosa ma incessante che il mondo vegetale ci può in qualche modo insegnare.

Io osservando la natura mi rendo conto che davvero ci insegna continuamente a rallentare, a trovare il nostro equilibrio, a respirare. Tutta una serie di aspetti che credo nel nostro mondo moderno purtroppo siano diventati davvero sfidanti.

Cose naturali come magari appunto il saper respirare, il saper trovare un equilibrio, ormai sono diventate quasi non delle chimere, ma comunque degli argomenti di studio, di approfondimento e di lavoro perché non sono scontati come invece dovrebbero essere, insomma. Come forse tanto tempo fa erano, non lo sappiamo. Quindi sì, credo che l'evoluzione, il concetto di mutazione siano un qualcosa di estremamente ispirazionali per l'essere umano nell'osservare la natura.

E come si evolve la natura e con quale naturalezza giorno dopo giorno noi che poi siamo figli della natura, in qualche modo siamo in contatto con questo o forse dovremmo riprendere il contatto con questo aspetto più profondo di noi stessi, ecco.

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E.B - E allora, per usare le tue parole, ti chiedo: quali competenze tecniche e trasversali hai usato, ti sono state utili in questa mutazione? E in che modo, se lo hai fatto, le hai sviluppate-sviluppate o potenziate?

L.T. - Allora, quello che posso dire è che sono tanti anni che io faccio un lavoro molto minuzioso su me stessa, in termini sia di introspezione sia in termini di crescita personale su tutte quelle che sono le aree, le cosiddette soft skills, chiamiamole così, quindi quelle aree diciamo di eh competenza relazionale o di, appunto, autoconoscenza che credo mmm, siano fondamentali per qualsiasi persona in qualsiasi ambiente lavorativo e non.

Sicuramente una delle doti che ho acquisito nel tempo, che assolutamente non avevo tanti anni fa e su cui ho lavorato e credo di aver in parte acquisito, anche se il miglioramento non ha mai fine, è quello di riflettere senza impulsività sulle cose che accadono. Belle o brutte che siano, perché io credo che l'impulsività sia un qualcosa di limitante, perché fa perdere una profonda connessione con noi stessi.

Quando siamo impulsivi noi lavoriamo su un livello superficiale, no? Quasi reattivo. Quindi più che un'azione, la nostra diventa una reazione.

E non credo sia un qualcosa di positivo. Sicuramente è meglio poter agire in maniera consapevole e per agire in maniera consapevole ci serve tempo. Un tempo soggettivo, un tempo che non è definibile chiaramente in minuti o ore o giorni che ognuno di noi ha.

Quindi questa capacità di elaborare e prendermi anche, no, in maniera forte il tempo e lo spazio per poter elaborare quello che accade è, credo, una capacità che mi ha aiutato tanto in questo periodo, in questi ultimi mesi.

Un'altra caratteristica o comunque abilità che credo di aver un po' sviluppato negli ultimi anni è quella di guardare sempre quello che ho e non quello che non ho. Guardare quello che ho costruito, guardarmi indietro ma non in un'ottica di rimpianto o di rimorso, ma in un'ottica di dire ok, il mio percorso mi ha portato ad essere la persona che sono oggi, che sicuramente sarà piena di difetti, ma che comunque ha anche valorizzato e tesaurizzato degli anni di vita, delle esperienze, dei momenti anche difficili.

E.B - Molto interessante. E infatti, a proposito di ritagliarsi il proprio tempo, in realtà ora ti ributto all'interno di quella che è, per esempio, la tua organizzazione. Diciamo che, appunto, per chi segue “Reelaunchers” è inteso anche per chi già è dentro un ambito lavorativo, quindi non necessariamente fuori. Quindi, come dovrebbe essere, secondo te, per migliorare magari o quali caratteristiche dovrebbe avere, diciamo, un'azienda fatta di più persone? Per stare bene, chiaramente.

L.T. - Ti ringrazio di questa domanda perché io credo che sia davvero un tema non solo nel nostro Paese, nella nostra città, ma proprio un tema generale di fondamentale importanza su cui io rifletto quotidianamente, diciamo, a livelli un po' astratti, se vogliamo.

Nel senso che io mi faccio domande quasi esistenziali a livello, no, di produttività e lavoro. Ma al di là di questo non voglio, diciamo, inserirvi nel mio filosofeggiare estremo. Una cosa che ti posso dire è che mi sono fatta un po' un'idea di come credo possa essere o debba essere un'azienda, del futuro o del presente ma che si voglia lanciare verso il futuro. Sicuramente un'azienda nella quale, così come, appunto, ancora una volta la natura ci insegna, ogni parte e ogni organismo è parte del macrorganismo, ovvero dell'azienda.

Quindi, così come non esistono gerarchie, ma ogni parte di un albero ha una sua funzione e vive e sopravvive solo grazie alla funzionalità di tutto il resto degli apparati.

Allo stesso modo io credo che si debba mantenere un rispetto e una, come dire, una capacità di ascolto, di venirsi incontro e anche al tempo stesso di collaborare all'interno di un'azienda. Quindi credo poco nei vertici o nelle basi delle piramidi, quindi credo poco in un direttivo che emana delle istruzioni a una pletora di persone che devono eseguire, ma io credo molto che ogni essere umano abbia una sua fortissima, un suo fortissimo talento, ognuno diverso dall'altro, e credo che lo scopo di un'azienda che vuole vincere sul mercato debba essere quello di andare a scoprire, a scovare - come un ricercatore - il talento di ogni singola persona che lavora all'interno di essa.

Io credo che se un'azienda riuscisse a fare questo e riuscisse a scovare quella cosa particolare che quella persona sa fare meglio di chiunque altro, e sono sicura che ognuno di noi ce l'ha almeno una cosa che sa fare meglio di chiunque altro, quell'azienda diventa invincibile perché le aziende si fondano sulle persone.

E.B - Io ti ringrazio per la risposta, secondo me assolutamente esaustiva e spero che insomma molti l'abbiano sentita. E poi hai toccato dei temi proprio fondamento del mercato del lavoro, quindi il turnover, il problema degli investimenti sulle persone, la formazione necessaria in fase di onboarding, no? I benefits intangibili. Quindi, hai toccato un po' tutti i temi e poi anche il fulcro appunto del senso dell'orientamento, ma non solo dell'orientamento, proprio nei percorsi di sviluppo, hai parlato di talento di ognuno, perché anch'io, guarda, sono della tua scuola, credo che ognuno di noi abbia un talento, la differenza la fa se tu riesci a individuare quello che ti piace e la tua attitudine.

L.T. - Un'azienda, ripeto, potrebbe trarre un enorme beneficio dallo sfruttare, passatemi il termine anche se brutto, il talento delle persone, perché nel momento in cui una persona viene riconosciuta per quello che sa fare bene, lo fa cento volte meglio di chiunque altro.

Quel valore poi comunque rimane all'azienda, ma rimane all'azienda avendo fatto felice una persona che lavorerà per lei a tempo veramente indeterminato.

E.B - Ti sei spiegata benissimo perché, ti ripeto, hai anche toccato temi concreti per rimanere nella concretezza e casi reali. E in questo percorso di mutazione, eh, qual è stata la maggiore difficoltà che tu hai riscontrato o la riscontri attualmente?

L.T. - Allora, sicuramente, dal momento che io comunque gestivo tanti aspetti dell'azienda perché coordinavo diversi dipartimenti, adesso concentrandomi per fortuna soltanto sulla parte scientifica, culturale e di sviluppo dei progetti, a volte mi sento come se non sto lavorando, no? Cioè quella sensazione di dire: oddio, prima facevo centomila cose diverse su tanti fronti diversi, però effettivamente le facevo in maniera superficiale perché non riuscivo, no, ad addentrarmi bene in nulla, mentre adesso faccio meno cose, ma le faccio con una grande qualità, con una grande profondità. Quindi da un lato, non sono abituata a fare tra virgolette meno cose che sono comunque tantissime, ma rispetto a quelle che magari gestivo prima son di meno. Dall'altro, la cosa più bella di questo momento di mutazione è proprio il fatto che finalmente posso fare un lavoro di profonda qualità, cosa che prima per mancanza di tempo e di energie, ovviamente, non riuscivo a fare. Quindi adesso mi rendo proprio conto che riesco a entrare nei temi, nei settori.

E.B - Quindi ritorniamo alla tua vera natura alla fine diciamo, no?

L.T. – Torniamo alla mia vera natura sì di creativa e ricercatrice.

E.B - Allora Luna ti faccio l'ultima domanda pensando soprattutto alle selezioni no, quindi stiamo parlando diciamo dei recruiter e i processi di selezione. Cosa ti piacerebbe dire ai recruiter o suggerire, diciamo così, pensando eh a un miglioramento eh, se necessario, secondo te, nelle selezioni per renderlo anche più, diciamo, inclusivo?

L.T. – Allora, secondo me tutto parte da una conoscenza profonda di chi abbiamo davanti. Io mi rendo conto che una fase di colloquio lavorativo è sempre un momento delicato, no, della vita sia di chi sta per essere selezionato sia di chi seleziona in realtà.

Quindi comunque è un momento delicato per tutti. E non è facile aprirsi, per il candidato sicuramente. Però io credo che se chi seleziona riesce ad entrare verso un'apertura profonda della persona che ha di fronte, e la persona che ha di fronte, quindi in quel caso il candidato, riesce ad aprirsi, a farsi conoscere, a parlare di sé, io credo che questo possa essere davvero un valore aggiunto perché sicuramente il candidato ha manifestato parte del suo essere in maniera trasparente, chiara, sincera e quindi, come dire, non ha promesso o fatto vedere un qualcosa che poi effettivamente non è e che si scoprirebbe comunque, no, nella quotidianità lavorativa.

E.B - Grazie di questa bellissima intervista anche profonda, e ci hai fatto fare un viaggio nel tuo percorso appunto lavorativo. Trovate Luna Todaro su LinkedIn anche lei, lì ci sono tutti i suoi riferimenti.

L.T. - Grazie mille, grazie a voi.

E.B - Grazie ancora e alla prossima.

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