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- 26/6/2025
Il destino in una metafora. Hillman e Lakoff spiegano chi sei (davvero)
Cosa hanno in comune uno psicologo junghiano e un linguista cognitivo? Non è l'inizio di una barzelletta, ma il punto di partenza per capire come si costruisce la nostra identità professionale. A cura di Manuela Stefanelli, Orientatrice Asnor e Communication Manager.
Da un lato, James Hillman ci racconta che nasciamo con un "daimon", una vocazione innata che guida il nostro percorso. Dall'altro, George Lakoff dimostra che il nostro pensiero è strutturato su metafore che modellano il modo in cui percepiamo la realtà. E se la chiave per orientarsi nella carriera fosse proprio l'incontro tra queste due visioni?
Il “daimon” e la narrazione di sé
James Hillman, nel suo Il codice dell'anima, ci invita a considerare che il nostro carattere e il nostro destino non sono il risultato di un processo lineare di educazione e ambiente, ma di una storia già scritta dentro di noi. Non una profezia ineluttabile, ma un'immagine che aspetta solo di essere riconosciuta e seguita. Per Hillman, ciò che ci attrae fin da piccoli, ciò che ci incuriosisce, persino ciò che ci tormenta, sono indizi del nostro cammino autentico.
E qui entra in gioco Lakoff. La nostra mente funziona attraverso metafore concettuali: pensiamo alla carriera come a un viaggio ("Trovare la propria strada"), al talento come a un seme da coltivare ("Fiorire nel proprio lavoro"), al successo come a una vetta da scalare ("Raggiungere il massimo"). Non sono solo modi di dire: sono le lenti attraverso cui leggiamo la nostra esperienza.
L’ecosistema carriera
Se il nostro modo di pensare è strutturato da metafore, allora cambiare metafora significa cambiare prospettiva.
Sei bloccato nella tua crescita professionale? Forse è perché continui a vedere la carriera come una scala gerarchica ("Devo salire di livello") quando in realtà potresti vederla come un ecosistema ("Devo trovare il mio spazio ideale"). Oppure, ti senti fuori posto perché pensi al tuo percorso come a un binario rigido ("Devo seguire il percorso stabilito"), invece di considerarlo un'esplorazione ("Sto tracciando la mia mappa personale").
Hillman direbbe che il tuo daimon ti sta chiamando, ma tu non lo senti perché lo stai cercando con le parole sbagliate.
Conclusioni: Daimon + Metafore per un Orientamento 2.0
Cosa significa tutto questo per chi si occupa di orientamento professionale?
Che non possiamo limitarci a parlare di competenze e obiettivi. Dobbiamo aiutare le persone a riscoprire la propria vocazionee a ridefinire il modo in cui raccontano la loro storia. Questo è secondo me il ruolo degli Orientatori: non solo quello di tecnici della selezione del personale, ma di narratori, interpreti di simboli, traduttori di vocazioni.
Ogni volta che aiuto qualcuno nei percorsi di orientamento mi chiedo: quale metafora sta usando per raccontare la sua storia? E se ne esistesse una più autentica, più libera, più sua?
Cambiare il proprio racconto può aiutare a cambiare il proprio destino?