Sabato 22 Giugno 2024

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  • 11/6/2024

Un progetto di Design Grafico e Service Learning con i carcerati

Come un progetto di design grafico ha contribuito alla consapevolezza della cittadinanza attiva in un gruppo di ventenni di talento. A cura di Adriano Lubrano, Orientatore Asnor, Direttore Area design della Scuola Internazionale di Grafica (Venezia).

“Un progetto emotivamente impegnativo. Abbiamo sviluppato un taccuino con i manufatti di un corso d’arte tenuto presso la prigione di Santa Maria Maggiore a Venezia, rielaborando i disegni, le parole e le sensazioni delle persone che vivono quotidianamente la prigione. Un progetto portato avanti da umanità, amore e dal potere della comunicazione, che è andato ben oltre al mondo della grafica, perché ci ha avvicinati a realtà e dolori lontani dal nostro mondo. Siamo entrati in carcere per portarci dietro i segni che lasciano i carcerati.”

Questo è il commento di Sofia, un’allieva del Master Biennale in Grafica della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, impegnata, con altri diciannove compagni, nello sviluppo di un progetto, “Carceri, dentro c’è molto di più”, che ci è stato proposto da una cooperativa sociale attiva nell’assistenza ai detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore.

L’intervento sociale

Si trattava di aiutare un gruppo di carcerati che avevano frequentato il corso di serigrafia all’interno del carcere, a esprimere dei contenuti importanti, considerazioni personali molto sentite, non soltanto dolorose, intrise da una consapevolezza disincantata del sé, dell’ambiente e della pena.

Abbiamo accettato l’incarico con entusiasmo, stimolati tanto dalla difficoltà del progetto da realizzare insieme ai detenuti, quanto dallo spessore, dalla densità dei materiali, immagini e testi, da tradurre in autentica comunicazione. Con partecipazione, sì, nella consapevolezza della valenza umana e sociale del lavoro, ma con quel tanto distacco indispensabile per potersi confrontare con una realtà dura, abrasiva, e tenere sotto controllo le inevitabili emozioni.

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Il significato del progetto

Nel briefing preliminare e nel dialogo con gli allievi, è emerso subito il significato di questo progetto. L’immersione in un mondo “altro” poteva contribuire alla crescita,  non solo professionale, di ognuno di loro, innescando un processo di riflessione individuale nel quale riconoscersi non solo come giovani designer, ma anche come cittadini, consapevoli dei valori di tolleranza e rispetto, la cui acquisizione è indispensabile per far parte di una comunità.

Non solo. Al termine di questa esperienza, i nostri allievi si sono ritrovati arricchiti da un confronto che ha permesso loro di crescere quanto ad ascolto ed empatia.

Un allievo avrebbe poi riconosciuto che “questo progetto è andato ben oltre il graphic design, è stata un'esperienza unica nel suo genere, che ci ha portati a confrontarci con una realtà nuova e a trovarla, in fondo, non così lontana.”

La realizzazione del progetto

Il progetto è stato sviluppato seguendo le linee guida stabilite, una coppia di studenti per ogni carcerato, con l’obiettivo di realizzare in tutto dieci taccuini, ciascuno dedicato a un tema, con tecniche di serigrafia e di stampa Risograph. Ogni taccuino stampato in cento copie numerate è stato destinato alla vendita, dopo l’esposizione al Museo “M9 -Del Novecento” di Mestre, assieme a gadget, pure autorealizzati, come borse e T-Shirt.

Progetto Design Grafico articolo

La risonanza del progetto

La stampa locale ha dato una buona copertura al progetto e all’evento inaugurale, preceduto da una conferenza stampa in cui la rappresentate degli allievi, Lucrezia, ha condiviso le sue considerazioni, esprimendo una maturità e una consapevolezza che hanno colpito i partecipanti.

Le parole di Lucrezia

“Se dovessi scegliere soltanto due aggettivi per descrivere questa esperienza direi impattante e umana. Credo che questi due termini, nei loro molteplici significati, ci abbiano accompagnati in ogni momento, dai primi contatti avvenuti attraverso i disegni e i testi dei detenuti passando per gli incontri in carcere, fino alla rielaborazione grafica che abbiamo poi realizzato a scuola. Credo che questo progetto sia stato fonte di crescita per ciascuno di noi, non soltanto dal punto di vista scolastico e grafico ma soprattutto personale. È stato formativo (e trasformativo) entrare in un mondo sconosciuto, spogliarlo dai pregiudizi e scoprirlo, in fin dei conti, non così lontano; è stato intenso, a tratti complesso, avere a che fare con la sofferenza in tutte le sue forme, e adoperarsi per tradurla in qualcosa di concreto. Ciò che più ho apprezzato durante tutto il progetto è stata la condivisione, il confronto, una sensazione di comunità che è riuscita a spogliare ciascuno di noi del proprio ruolo e a portarci in una dimensione dove non c’erano più studenti e detenuti, insegnanti e compagni di corso: è stato bello sentirsi semplicemente persone, unite per lavorare a un obiettivo comune, e trovare incontro nel dialogo e nel racconto; scoprire che molti percorsi di vita possono essere diversi, ma paure e speranze sono estremamente condivisibili”.

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Dott. Adriano Lubrano

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