Sabato 27 Luglio 2024

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  • 6/4/2020

Smart Working in Italia: i numeri di un fenomeno in crescita

Lo Smart Working è ormai una realtà in tutto il complesso mondo del lavoro italiano. Nel 2019, le Pubbliche Amministrazioni hanno registrato la crescita più importante in quanto a progetti avviati. Il settore pubblico resta comunque in considerevole ritardo rispetto alle grandi imprese private. Vediamo insieme i numeri del lavoro agile in Italia.

Smart Working in Italia e l’emergenza Coronavirus

In Italia, lo Smart Working è un modello organizzativo imprenditoriale in forte crescita per i benefici che porta a impresa e lavoratore. In questo contesto di già consolidato sviluppo, l’emergenza sanitaria legata all’espandersi del Coronavirus ha obbligato le realtà imprenditoriali italiane a adottare urgentemente il lavoro agile, per rispettare le misure di sicurezza e impedire così l’espandersi dei contagi. Fuori dai settori essenziali, le modalità di lavoro domiciliare e a distanza sono infatti le uniche autorizzate a proseguire le attività.

Le aziende che già avevano strutturato progetti di Smart Working ovviamente hanno potuto adattarsi meglio e più rapidamente al cambiamento. Quante imprese, invece, una volta finita l’emergenza Coronavirus, manterranno una modalità Smart Working è difficile saperlo. È possibile comunque tracciare un quadro chiaro e significativo della realtà dello Smart Working in Italia prima del lockdown. Una fotografia che, oltre a descrivere la situazione “prima”, dà importanti indizi per ragionare sull’evolversi del fenomeno nel futuro prossimo.

I numeri dello Smart Working in Italia

L’ultimo studio dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano è stato presentato lo scorso 30 ottobre a Bologna. Il primo dato riportato è quello sugli smart workers in Italia: sono circa 570 mila, con una crescita del 20% circa rispetto all’anno precedente.

Questo significa:

  1. che il lavoro agile è oramai una realtà consolidata nel tessuto imprenditoriale italiano;
  2. che il fenomeno, seppure lentamente, stava crescendo anche prima dell’emergenza Coronavirus.

A partire da questa premessa generale, vediamo allora come si distribuisce il fenomeno nel complesso mondo del lavoro in Italia.

La pubblica amministrazione: un lento processo di rinnovamento

La Pubblica Amministrazione è il settore in cui lo Smart Working è cresciuto di più nel 2019. La percentuale di PA con progetti strutturati di lavoro agile è infatti raddoppiata, passando dal 8% al 16%. All’interno di questo quadro, le pubbliche amministrazioni di grandi dimensioni sono quelle più avanzate, ovvero quelle in cui si sono intrapresi più progetti in modalità Smart Working.

Il fatto che la Pubblica Amministrazione abbia raddoppiato il lavoro agile (in termini percentuali sul totale) non deve però far dimenticare il grande ritardo generale che incontra il settore pubblico italiano. Infatti, 4 PA su 10 non hanno ancora attivato nemmeno un progetto di Smart Working. Inoltre, anche lì dove ci sono progetti aperti, la percentuale di lavoratori in modalità Smart Working è comunque molto bassa: la media è del 12%. Questo dato lascia pensare che molto spesso le amministrazioni, più che intraprendere una vera strada verso il rinnovamento organizzativo, abbiano voluto soprattutto andare verso un adempimento normativo. La Riforma Madia (che regola il fenomeno nelle pubbliche amministrazioni) stabilisce infatti il 10% come limite minimo per l’adozione dello Smart Working nel settore pubblico.

Lo Smart Working nelle grandi imprese private

La situazione cambia radicalmente se si analizza il fenomeno dello Smart Working nelle grandi imprese private. In Italia, infatti, il lavoro agile è già una realtà in più della metà delle grandi aziende. Nel 2019 si è arrivati infatti al 58% (nel 2018 erano il 56%) di grandi imprese che già hanno avviato progetti strutturati in questo senso. Inoltre, e questo è il dato che dà maggiormente l’idea dello scarto rispetto alla Pubblica Amministrazione, la media di lavoratori coinvolti all’interno dell’impresa è del 48%, quasi la metà. Una differenza enorme rispetto al 12% delle PA. Un’indicazione di come nelle grandi imprese del settore privato si sia passati già da una fase di sperimentazione a una fase di consolidamento ed estensione dello Smart Working all’interno dell’organizzazione.

Le Piccole e Medie Imprese di fronte alla sfida dello Smart Working

Infine, per le Piccole e Medie Imprese quella dello Smart Working è una sfida ancora tutta da intraprendere. Solamente il 12% delle PMI infatti ha avviato progetti in questo senso. Inoltre, è significativo che il 51% non ha alcun interesse a iniziare una trasformazione imprenditoriale verso un modello di lavoro agile. Questo è sicuramente dovuto a un fattore culturale, ma anche a una minore complessità della struttura organizzativa. Quest’ultimo aspetto facilita un approccio informale (adottato dal 18% delle imprese, quindi una percentuale maggiore rispetto a quelle che hanno formalmente intrapreso progetti di Smart Working) rispetto al lavoro da remoto, basato sulle esigenze individuali e i rapporti interpersonali più che su un preciso progetto aziendale di Smart Working.

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